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lunedì 9 dicembre 2019

Cane o Gatto?

La tua scelta rivela molto sulla tua personalità  Quale animale domestico preferisci?   Un fedele cagnolino o un morbido e raffinato gatto?

 La tua scelta rivela molto sulla tua personalità
Quale animale domestico preferisci? 
Un fedele cagnolino o un morbido e raffinato gatto?

 Ecco cosa rivela la tua scelta

Hai un cane o un gatto. O forse entrambi. Se ti sei fermato a leggere, è certamente così. E visto che sei qui, caro lettore, ci complimentiamo con te. Amare gli animali è già un fattore distintivo.

Una caratteristica che rivela un’animo nobile e profondamente sensibile. Cane o gatto che sia. Compresi i pesci rossi e qualsiasi altra creatura vivente.

Ma quali sono i tuoi amici a quattro zampe preferiti?

Secondo un recente studio dell’Università del Texas (Stati Uniti), ci sono differenze significative nelle personalità di chi sceglie un cane piuttosto che un gatto.

Lo studio si è avvalso della partecipazione di 4565 persone, tutte proprietarie di cani e gatti.

Ebbene il 45% ha dichiarato di preferire i cani, il 12% i gatti, il 28% non ha preferenze e il restante 15% ha dichiarato di non volerne affatto.

Considerando che il legame tra le persone e i propri animali domestici è generalmente molto intenso, gli studiosi hanno stabilito che le differenze tra cani e gatti possono essere adattate alle diverse personalità umane.

In realtà quello che avviene è una sorta di “contagio “, di trasferimento delle proprie caratteristiche.

Semplificando: una persona proietterebbe sugli animali la propria personalità.

Quindi cane o gatto? Vediamo cosa rivela la nostra preferenza:

Preferisci un cane?

Probabilmente sei una persona socievole, che non teme di manifestare le proprie emozioni e i propri sentimenti. Proprio tutti, anche quelli meno positivi, i più fragili.

Inoltre sei protettivo e leale, sempre disponibile nei confronti di chi ha bisogno di aiuto o incoraggiamento.

Sempre secondo gli esperti, coloro che preferiscono i cani sono consapevoli, dotati di grande forza d’animo anche se sensibili ed emotivi.

Trovi riscontro in questo ritratto? Dipinge i tratti più incisivi della tua personalità?

Raccontaci del tuo amico a quattro zampe, del vostro legame speciale, delle vostre giornate insieme. Quanto ha cambiato la tua vita, se la tua vita è cambiata e quanto più ricca e bella è diventata.

Preferisci un gatto?

Sei certamente una persona indipendente, uno spirito libero che non teme i momenti di solitudine. Anzi. Apprezzi molto i momenti in cui ti ritrovi con te stesso.

Ami esplorare, viaggiare, scoprire sempre ciò che è nuovo e mai banale. E quando tutto questo non è possibile, ricorri al tuo ricco mondo interiore e alla fantasia.

Ti fidi degli altri, ma non facilmente e anche se rispettoso nei confronti di tutti, sei cauto nelle scelte.

Secondo lo studio coloro che preferiscono i gatti tendono al nervosismo, ma sono creativi, fantasiosi, molto attenti ai dettagli.

Sei tu? Trovi riscontro con la  tua personalità?

Gli animali domestici arricchiscono la nostra vita, la rendono più gioiosa, ricca, divertente. Più vita. Ci insegnano a comunicare con uno sguardo, con una carezza. Ad essere più umani.





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sabato 9 novembre 2019

Ferdinando Magellano fece la Prima Circumnavigazione del Globo

Ferdinando Magellano: il giro del mondo in 2 anni, 11 mesi e 17 giorni


Ferdinando Magellano: il giro del mondo in 2 anni, 11 mesi e 17 giorni
Ferdinando Magellano (Sabrosa, 17 ottobre 1480 - Mactan, 27 aprile 1521) è stato un esploratore e navigatore portoghese. Intraprese la prima circumnavigazione
del globo al servizio della corona spagnola.



Fu il primo a partire dall'Europa verso Ovest diretto in Asia e il primo europeo a navigare nell'Oceano Pacifico. La storia del suo viaggio è pervenuta tramite gli appunti di un suo uomo d'arme, il vicentino Antonio Pigafetta, che si adoperò per il resto della sua vita a mantenere viva la memoria di Magellano e della sua impresa.


Fu il primo a partire dall'Europa verso Ovest diretto in Asia e il primo europeo a navigare nell'Oceano Pacifico.



Ferdinando Magellano nacque da una famiglia aristocratica impoverita di Sabrosa nella provincia del Trás-os-Montes, in Portogallo settentrionale. Suo padre, Pedro Rui de Magalhães, sposato con Alda des Mesquita, era il sindaco del paese.
Magellano aveva un fratello, Diego de Sousa, e una sorella, Isabel.





Ferdinando Magellano
All'età di dieci anni Magellano perse i genitori. Due anni più tardi, seguendo il fratello, divenne paggio alla corte di re Giovanni II a Lisbona. Qui godette della generosa educazione spettante ai giovani nobili dell'epoca. Nel 1505, a 25 anni, fu spedito in India, dove servì sotto il viceré Francisco de Almeida. Presto si meritò una menzione per aver sventato un ammutinamento e salvato delle vite umane. Dal 1506 partecipò a una spedizione diretta alle Isole delle Spezie.



Nel corso di questa spedizione si guadagnò la promozione a capitano (1510), ma già poco dopo perse il brevetto di capitano per essersi allontanato con la sua nave dalla flottiglia per cercare nuove terre più ad est. Sotto il comando di Alfonso de Albuquerque partecipò alla conquista dello strategico porto di Malacca nell'odierna Malesia.



Tornato in patria, partecipò nel 1513 a una spedizione in Marocco, dove combatté nella battaglia di Azamor, riportando la lesione di un ginocchio.


Venne successivamente accusato di aver intrattenuto commerci con i musulmani: vicenda questa che il 15 maggio 1514 portò al suo licenziamento con disonore dal servizio per la corona portoghese.



Nello stesso periodo Magellano entrò in possesso di una carta geografica che ipotizzava un passaggio verso l'Oceano Pacifico poco più a sud del Rio de la Plata. Si convinse di poter in questo modo trovare  una via per l'Asia più breve di quella intorno all'Africa. Questo avrebbe permesso di scoprire un passaggio a sud-ovest di collegamento dell'Atlantico con il Pacifico. Di tale passaggio, ritenuto geograficamente probabile ma del quale nessuno aveva notizia attendibile,
favoleggiavano da tempo i cartografi.


Mappa dell'Honduras e della Terra del Fuoco 1608



Mappa dell'Honduras e della Terra del Fuoco 1608



In realtà, lo scopo strategico della spedizione sarebbe stato quello di cercare una nuova via marittima per le Isole delle Spezie, nell'arcipelago Indonesiano delle Molucche, evitando l'aggiramento dell'Africa, i cui porti occidentali e meridionali erano tutti in mano al Portogallo.


Se possibile, si sarebbe dovuto anche provare che le Molucche si trovavano effettivamente a ovest dell'antimeridiano della linea di demarcazione che, secondo i trattati, divideva le zone di influenza e possesso coloniale tra spagnoli e portoghesi. Naturalmente, non meno importante sarebbe stata l'eventuale scoperta di nuove terre da annettere al già immenso impero del re di Spagna.


Convinto Carlo V a finanziare l'impresa


Carlo V
Convinto Carlo V a finanziare l'impresa, la spedizione di cinque navi salpò il 20 settembre 1519 da San Lucar de Barrameda (il 10 agosto dal porto di Siviglia). Il 28 novembre 1520, rimasto con tre sole navi (una era naufragata, l'altra aveva disertato), attraversò lo stretto che da lui prese il nome, e per la prima volta si inoltrò in un grande oceano sconosciuto agli occidentali, che per tutti i tre mesi di navigazione in direzione nord-ovest rimase tranquillo,
 al punto che gli venne attribuito il nome di Pacifico.

Nel marzo del 1521 raggiunse le Isole Marianne e poi le Filippine, chiamate Isole di San Lazzaro, dove trovò la morte per mano degli indigeni.


Secondo il racconto di Pigafetta, nelle Filippine, Magellano era riuscito a convertire il re dell'isola di Cebu, Rajah Humabon e molti dei suoi sudditi al Cristianesimo. Quando Cebu si sottomise alla corona spagnola, scoppiò una rivolta sulla vicina isola di Mactan. Magellano decise di usare la forza per conquistare Mactan alla Spagna e al Cristianesimo. Quando sbarcò la mattina del 27 aprile 1521 a Mactan, venne ucciso dagli abitanti dell'isola.



Il viaggio si concluse il 6 settembre 1522, quando il Victoria, sola nave superstite, rientrò al porto di partenza dopo aver completato la prima circumnavigazione del globo in 2 anni, 11 mesi e 17 giorni. A bordo della piccola nave (85 tonnellate), che imbarcava acqua ed aveva una velatura di fortuna, vi erano soltanto 18 uomini dei 234 partiti, tra marinai e soldati. Tra i superstiti vi erano due italiani, Antonio Lombardo, detto Pigafetta, colui
che scriverà la storia della spedizione, e Martino de Judicibus.



Mappa dello Stretto di Magellano


Mappa dello Stretto di Magellano



La circumnavigazione non era stato il fine di Magellano, che aveva solo voluto trovare il passaggio ad Ovest verso le Isole delle Spezie e le Indie. Questo traguardo lo vide realizzato in vita.


Solo Juan Sebastián Elcano, assieme ad Antonio Pigafetta,
 riconobbe la vera importanza del viaggio intorno alla terra.


A lui e ai suoi 17 uomini superstiti spetta l'onore di aver compiuto il primo viaggio continuo intorno alla Terra. Questo vale anche per i 13 uomini che rimasero prigionieri dei portoghesi a Capo Verde, che si trova più ad Occidente rispetto alla Spagna.


Ma anche Magellano stesso nella sua vita aveva circumnavigato la terra completamente: dal 1505 al 1511 era già stato in Oriente, dove aveva visitato anche le Molucche. Anche se non vi sarebbe tornato, nel 1521 era arrivato alle Filippine avendo quindi già tagliato il meridiano delle Molucche.



Tuttavia, la prima persona ad aver attraversato tutti i meridiani potrebbe essere stato lo schiavo ed interprete Enrique, probabilmente di origine filippina. Acquistato nel 1511 da Magellano a Sumatra, aveva accompagnato questo in tutti i suoi viaggi successivi. Alla morte dell'ammiraglio a Mactan, Enrique fuggì a casa aiutato dal re di Cebu; così almeno il racconto di Antonio Pigafetta. Ma Enrique potrebbe anche essere stato di origine malese: in questo caso forse non ha mai compiuto la circumnavigazione. Magellano morì in uno scontro con gli indigeni di Cebu Mactan.


Il viaggio di Magellano dimostrò definitivamente quattro cose: che la Terra è una sfera; che la circonferenza del pianeta è molto maggiore di quanto avessero mai creduto tutti i geografi; che l'America può essere circumnavigata al pari del continente africano; che si perdono 24 ore se si segue il cammino del Sole da occidente a oriente. Quest'ultima osservazione fornì le basi a nuove speculazioni di interesse fisico e metafisico sulla natura del tempo e dell'eternità.



Dal punto di vista materiale, date le lunghe distanze percorse (la Victoria aveva coperto 69.000 km in tre anni per tornare in Spagna), il viaggio di Magellano non poté rappresentare una valida alternativa alla cosiddetta Rotta delle Spezie controllata dai portoghesi.


Spagna e Portogallo rivendicarono entrambi il possesso delle Molucche in base al Trattato di Tordesillas e solo nel 1529 la controversia poté essere risolta con il Trattato di Saragozza, con il quale la Spagna dovette rinunciare alle proprie pretese sulla zona.

Tuttavia, ancora nel XVI secolo gli spagnoli 
erano in grado di conquistare Guam e le Filippine, 
che sarebbero rimasti in loro mano fino al 1898.



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domenica 13 ottobre 2019

Viagra Rosa un Business

Una pillola per piacere  Una cura per ringiovanire il desiderio?   O il mix ormonale da ingerire solo se si cerca una notte da non dimenticare?   Il piacere delle donne è ormai un diritto sanitario. E il Viagra rosa un business.

Una pillola per piacere
Una cura per ringiovanire il desiderio?
O il mix ormonale da ingerire solo se si cerca una notte da non dimenticare?
Il piacere delle donne è ormai un diritto sanitario. E il Viagra rosa un business.

Agonismo, sponsor, soldi, tifo da hooligan. Il machismo dello sport? Macché, la competizione per migliorare le performance dei più delicati segreti del corpo femminile: l’eccitazione e il piacere. A inizio estate ha debuttato sulle ricette il vincitore ufficiale dell’aggressiva gara per metter a punto il cosiddetto Viagra rosa (e aggiudicarsi un potenziale giro d’affari annuo di 2 miliardi di dollari): le pillole Osphena, firmate dal colosso giapponese Shionogi Inc., il cui principio attivo è l’ospemifene, un modulatore selettivo del recettore dell’estrogeno, che cura l’atrofia vulvovaginale e dunque la dispareunia (dolore durante i rapporti). Più o meno nello stesso periodo lo scrittore Daniel Bergner, in libreria con What Women Want? Adventures in the Science of Female Desire, ha raccontato sul The New York Times che stanno testando la potente coppia di farmaci Lybrido e Lybridos (Emotional Brain, società olandese-americana), presumibilmente in vendita nel 2016: un cocktail di buspirone (ansiolitico) e testosterone che accresce la dopamina e riduce la serotonina. Da prendere “on demand”, quasi un incentivo all’adulterio, dicono gli psicologi. Ma questa è un’altra storia.

Sull’Osphena la Fda, Food and Drugs Administration, ha dato un prezioso benestare che non ha placato le polemiche. C’è chi ha parlato di menopausa medicalizzata a scopo commerciale (dimenticando che la dispareunia non ha a che fare solo con l’età di mezzo), chi di una ricerca del Sacro Graal (come Naomi Wolf, scrittrice femminista) iniziata più o meno quando la mitica pillola blu non solo ha letteralmente risollevato le sorti dei maschi in crisi ma pure stuzzicato gli appetiti di Big Pharma, capace, si sa, di trovare la medicina prima del disturbo, e chi si è indignato perché la terapia ormonale sostitutiva (che in America gode di antipatie più che in Europa), dopo esser stata buttata fuori dalla porta, sarebbe rientrata dalla finestra. La levata di scudi contro l’ennesimo “disease-mongering”, che è il marketing finalizzato all’introduzione di un protocollo terapeutico, era stata già preparata da Camille Paglia («Le inibizioni rimangono cocciutamente interiori. E la lussuria è qualcosa di troppo imperioso per lasciarla al farmacista... »), da Leonore Tiefer, psicoterapeuta e sessuologa, stufa dell’imperante “dittatura dell’orgasmo”, e persino da un documentario di Marc Bennet, Hot Flash Havoc, che con umorismo spiega cosa siano diventati il climaterio e i suoi rimedi. A partire dal fatidico e malinteso rapporto medico del 2002 che ha convinto migliaia di americane a gettare nel water le loro “pilloline magiche”.

«Cerchiamo di capire meglio questa gara per il Lady Viagra perfetto, che non solo non esiste, ma coinvolge sotto quest’etichetta farmaci diversi, adatti a donne, età, problematiche differenti», dice Cesare Battaglia, ginecologo, ricercatore dell’Università di Bologna, autore di studi che hanno testato molecole deputate all’ambito titolo. «Premessa: abbiamo varie sostanze a disposizione e il 60% di donne europee che soffrono di deficit della sessualità, percentuale che sale al 70% in Australia e Usa. E sono donne di ogni età. Si va dai problemi meccanici locali alle patologie ormonali e alle condizioni psicologiche dell’età riproduttiva. E coinvolgono tre fattori chiave - rapporto col partner, condizionamenti ormonali, sfera della libido - , comunque portando alla ribalta un problema di tipo irrorativo e di vascolarizzazione genitale. Detto questo, è dagli anni 70 che si tenta di migliorare la qualità dei rapporti sessuali con la Tos, terapia ormonale sostitutiva, a base di estrogeni e progesterone. Poi è arrivato il cerotto al testosterone (il bugiardino però indica solo le menopause chirurgiche). Poi gli androgeni degli anni 80, coi loro effetti collaterali. Quindi l’ormone Dhea, per via orale o vaginale, di efficacia tenue ma con molte fan negli Usa che lo chiamano “panacea dell’eterna giovinezza”».

Arriviamo così all’Era post Viagra (blu): fa sperare la flibanserina, molecola tedesca della Boehringer, un antidepressivo “fallito” che invece si rivela capace di rimodulare i neurotrasmettitori e riaccendere il desiderio a partire dalla chimica del cervello. Ma nel 2010, non ottiene l’ok definitivo: troppi gli effetti collaterali. Sul trampolino di lancio arriva l’UK-414,495 studiata dalla Pfizer, “molecola dell’eccitazione” che aumenta l’afflusso sanguigno stimolando il nervo pelvico, «un inibitore selettivo che migliora i flussi genitali, liberando una stimolazione nervosa, e la vascolarizzazione. Peccato che i migliori risultati per ora siano stati ottenuti su maschi, ratti e conigli», specifica Battaglia. Nel 2011 è la volta del LibiGel, gel al testosterone della BioSante.

Il 2012 vede la ribalta equamente divisa tra la bremelanotide, l’ormone melanotropo sintetico detto Melanotan II, studiato dall’americana Palatin Technologies, Inc., e il drospirenone, progestinico sintetico a prevalente attività antiandrogenica, contenuto in alcune pillole anticoncezionali (Yasmin, Yaz, Yasminelle). Bene, la bremelanotide delude i medici, ma in compenso entusiasma il pubblico a cui è rivolta, che la battezza “The Barbie Drug”, perché, contemporaneamente, fa dimagrire, abbronza, acuisce le voglie; il che spiega il suo mercato parallelo cinese, che la vende a 13 euro alla fiala (è un farmaco che si inietta). Quanto al drospirenone, peraltro alla base di un ottimo anticoncezionale per le giovani (lo adorano, farebbe calare di peso), è lo stesso Battaglia che ha coordinato una ricerca italiana, citata in ambito internazionale, che ne ha ridimensionato le ambizioni: «Abbassa gli androgeni, fondamentali nella libido». Tutto ciò senza contare i “tentativi” di adattare alle donne, con dosaggi diversi, il Viagra classico e gli altri farmaci col sildenafil come principio attivo (vedi Femigra, il femminile del Cialis): «Un discorso che si è modificato, data la scarsa risposta clitoridea. Hanno dato risultati dosi basse di Cialis abbinate a estrogeni vaginali», spiega il professore. Che forse non sa dell’outing di Kim Cattrall, la scatenata Samantha di Sex and the City, che ha confessato di aver tenuto a galla il terzo matrimonio (ora naufragato) a suon di Viagra.

Tanti contendenti ora battuti dall’Osphena, e tante accuse. Di “pornificare” la cultura femminile, dice la scrittrice Usa Natasha Walter, o di “farmacopornografia”, evocata da Beatriz Preciado, filosofa madrilena che si occupa d’identità e genere,. O ancora, che si tratti di eccitazione erotica provata più dall’industria farmaceutica che dalle donne, come sospetta con garbo Jennifer Block, giornalista e blogger di salute femminile. Alessandra Graziottin, direttore del Centro di ginecologia e sessuologia medica San Raffaele Resnati, a Milano, s’indigna: «Un fondantalismo antiormoni, pregiudiziale, un torto all’intelligenza». Ribatte che l’Osphena, che ha il vantaggio di essere un modulatore di recettori estrogeno-selettivi, e dunque di vantare un’attività estrogenica sui tessuti vaginali e non estrogenica sugli altri tessuti (diminuisce il rischio di tumori ormonodipendenti, per esempio al seno), ha dunque solo una possibilità terapeutica in più rispetto a quello che, dice, «avevamo già». «L’Osphena è l’ultimo della serie. Dopo la menopausa la carenza di estrogeni sovverte l’ecosistema vaginale, e il dolore nei rapporti è lo stimolo riflesso che più inibisce l’eccitazione. La mucosa non “risponde”, se non a un nuovo partner. E noi possiamo curare per via topica invece che sistemica, con terapia ormonale estrogenica locale, in vagina, senza compresse: estrogeni naturali (estriolo, estradiolo) o sintetici (promestriene), più una pomata al testosterone, io la chiamo la “Magic Cream”. Gli ormoni evocano il demonio, ma è la dose che fa la differenza, e qui si parla di quantità infinitesimali».

40 anni (quasi) di solitudine?
Il 60-70% delle donne occidentali, di ogni età, soffre di FSD, Female Sexual Disfunction. Su 335 italiane tra i 46 e i 60 anni, il 45,9% lamenta una riduzione del piacere. Attenzione: se una volta la vita media “offriva” alle donne 10 anni di menopausa, il climaterio ora dura circa 35. «Anzi 37!», corregge Alessandra Graziottin, che aggiunge come oggi, più che di aspettativa di vita, si debba parlare di aspettativa di salute (la maggior longevità triplica gli anni di malattia). E le cure della sessualità vanno in questo senso.

DI ELISABETTA MURITTI


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lunedì 22 luglio 2019

Galileo Galilei

Galileo Galilei (Pisa, 15 febbraio 1564 – Arcetri, 8 gennaio 1642) è stato un fisico, astronomo, filosofo, matematico e accademico italiano, considerato il padre della scienza moderna.


Galileo Galilei (Pisa, 15 febbraio 1564 – Arcetri, 8 gennaio 1642) è stato un fisico, astronomo, filosofo, matematico e accademico italiano, considerato il padre della scienza moderna. Personaggio chiave della rivoluzione scientifica, per aver esplicitamente introdotto il metodo scientifico (detto anche metodo galileiano o metodo sperimentale), il suo nome è associato a importanti contributi in fisica e in astronomia. Di primaria importanza fu anche il ruolo svolto nella rivoluzione astronomica, con il sostegno al sistema eliocentrico e alla teoria copernicana.

I suoi principali contributi al pensiero filosofico derivano dall'introduzione del metodo sperimentale nell'indagine scientifica grazie a cui la scienza abbandonava, per la prima volta, quella posizione metafisica che fino ad allora predominava, per acquisire una nuova, autonoma prospettiva, sia realistica che empiristica, volta a privilegiare – attraverso il metodo sperimentale – più la categoria della quantità che della qualità nella descrizione razionale della realtà fenomenica.

Sospettato di eresia e accusato di voler sovvertire la filosofia naturale aristotelica e le Sacre Scritture, Galilei fu processato e condannato dal Sant'Uffizio, nonché costretto, il 22 giugno 1633, all'abiura delle sue concezioni astronomiche e al confino nella propria villa di Arcetri. Solo 359 anni dopo, il 31 ottobre 1992, papa Giovanni Paolo II, alla sessione plenaria della Pontificia accademia delle scienze, riconobbe "gli errori commessi" sulla base delle conclusioni dei lavori cui pervenne un'apposita commissione di studio da lui istituita nel 1981, riabilitando Galilei.

La famiglia d'origine e la nascita
Galileo Galilei nacque il 15 febbraio 1564 a Pisa, primogenito dei sette figli di Vincenzo Galilei e di Giulia Ammannati. Gli Ammannati, originari del territorio di Pistoia e di Pescia, vantavano importanti origini;[N 8] Vincenzo Galilei invece apparteneva ad una più umile casata, per quanto i suoi antenati facessero parte della buona borghesia fiorentina. Vincenzo era nato a Santa Maria a Monte nel 1520, quando ormai la sua famiglia era decaduta ed egli, musicista di valore, dovette trasferirsi a Pisa unendo all'esercizio dell'arte della musica, per necessità di maggiori guadagni, la professione del commercio.

La famiglia di Vincenzo e di Giulia, contava oltre Galileo: Michelangelo, che fu musicista presso il granduca di Baviera, Benedetto, morto in fasce, e tre sorelle, Virginia, Anna e Livia e forse anche una quarta di nome Lena.

Primi studi e scoperte
Dopo un tentativo fallito di inserire Galileo tra i quaranta studenti toscani che venivano accolti gratuitamente in un convitto dell'Università di Pisa, il giovane fu ospitato "senza spese" da Muzio Tebaldi, doganiere della città di Pisa, padrino di battesimo di Michelangelo, e tanto amico di Vincenzo da provvedere alle necessità della famiglia durante le sue lunghe assenze per lavoro.

A Pisa, Galileo conobbe la giovane cugina Bartolomea Ammannati che curava la casa del rimasto vedovo Tebaldi il quale, nonostante la forte differenza d'età, la sposò nel 1578 probabilmente per metter fine alle malignità, imbarazzanti per la famiglia Galilei, che si facevano sul conto della giovane nipote. Successivamente il giovane Galileo fece i suoi primi studi a Firenze, prima col padre, poi con un maestro di dialettica e infine nella scuola del convento di Santa Maria di Vallombrosa, dove vestì l'abito di novizio fino all'età di quattordici anni.

Galileo Galilei (Pisa, 15 febbraio 1564 – Arcetri, 8 gennaio 1642) è stato un fisico, astronomo, filosofo, matematico e accademico italiano, considerato il padre della scienza moderna.


Il matematico Ostilio Ricci
Vincenzo, il 5 settembre 1580, iscrisse il figlio all'Università di Pisa con l'intenzione di fargli studiare medicina, per fargli ripercorrere la tradizione del suo glorioso antenato Galileo Bonaiuti e soprattutto per fargli intraprendere una carriera che poteva procurare lucrosi guadagni.

Nonostante il suo interesse per i progressi sperimentali di quegli anni, l'attenzione di Galileo fu presto attratta dalla matematica, che cominciò a studiare dall'estate del 1583, sfruttando l'occasione della conoscenza fatta a Firenze di Ostilio Ricci da Fermo, un seguace della scuola matematica di Niccolò Tartaglia. Caratteristica del Ricci era l'impostazione che egli dava all'insegnamento della matematica: non di una scienza astratta, ma di una disciplina che servisse a risolvere i problemi pratici legati alla meccanica e alle tecniche ingegneristiche. Fu, infatti, la linea di studio "Tartaglia-Ricci" (prosecutrice, a sua volta, della tradizione facente capo ad Archimede) a insegnare a Galileo l'importanza della precisione nell'osservazione dei dati e il lato pragmatico della ricerca scientifica. È probabile che a Pisa, Galileo abbia seguito anche i corsi di fisica
 tenuti dall'aristotelico Francesco Bonamici.


Pendolo di Galilei a Pisa
Durante la sua permanenza a Pisa, protrattasi fino al 1585, Galileo arrivò alla sua prima, personale scoperta, l'isocronismo delle oscillazioni del pendolo, di cui continuerà ad occuparsi per tutta la vita, cercando di perfezionarne la formulazione matematica.

Dopo quattro anni il giovane Galileo rinunciò a proseguire gli studi di medicina a Pisa e andò a Firenze, dove approfondì i suoi nuovi interessi scientifici, occupandosi di meccanica e di idraulica. Nel 1586 trovò anche una soluzione al problema della corona di Gerone inventando uno strumento per la determinazione idrostatica del peso specifico dei corpi. L'influsso di Archimede e dell'insegnamento del Ricci si rileva anche nei suoi studi sul centro di gravità dei solidi.

Galileo cercava intanto una regolare sistemazione economica: oltre a impartire lezioni private di matematica a Firenze e a Siena, nel 1587 andò a Roma a richiedere una raccomandazione per entrare nello Studio di Bologna al famoso matematico Christoph Clavius, ma inutilmente, perché a Bologna gli preferirono alla cattedra di matematica il padovano Giovanni Antonio Magini. Su invito dell'Accademia Fiorentina tenne nel 1588 due Lezioni circa la figura, sito e grandezza dell'Inferno di Dante, difendendo le ipotesi già formulate da Antonio Manetti sulla topografia dell'Inferno immaginato da Dante.

L'insegnamento a Pisa (1589-1592)

Guidobaldo Del Monte
Galilei si rivolse allora all'influente amico Guidobaldo Del Monte, matematico conosciuto tramite uno scambio epistolare su questioni matematiche. Guidobaldo fu fondamentale nell'aiutare Galilei a progredire nella carriera universitaria, quando, superando l'inimicizia di Giovanni de' Medici, un figlio naturale di Cosimo de' Medici, lo raccomandò al fratello cardinale Francesco Maria Del Monte, che a sua volta parlò con il potente Duca di Toscana, Ferdinando I de' Medici. Sotto la sua protezione, Galileo ebbe nel 1589 un contratto triennale per una cattedra di matematica all'Università di Pisa, dove espose chiaramente il suo programma pedagogico, procurandosi subito una certa ostilità nell'ambiente accademico di formazione aristotelica:

«Il metodo che seguiremo sarà quello di far dipendere quel che si dice da quel che si è detto, senza mai supporre come vero quello che si deve spiegare. Questo metodo me l'hanno insegnato i miei matematici, mentre non è abbastanza osservato da certi filosofi quando insegnano elementi fisici... Per conseguenza quelli che imparano, non sanno mai le cose dalle loro cause, ma le credono solamente per fede, cioè perché le ha dette Aristotele. Se poi sarà vero quello che ha detto Aristotele, sono pochi quelli che indagano; basta loro essere ritenuti più dotti perché hanno per le mani maggior numero di testi aristotelici ... che una tesi sia contraria all'opinione di molti, non m'importa affatto, purché corrisponda alla esperienza e alla ragione.»


Cortile dello Studio di Pisa
Frutto dell'insegnamento pisano è il manoscritto De motu antiquiora, che raccoglie una serie di lezioni nelle quali egli cerca di dar conto del problema del movimento. Base delle sue ricerche è il trattato, pubblicato a Torino nel 1585, Diversarum speculationum mathematicarum liber di Giovanni Battista Benedetti, uno dei fisici sostenitori della teoria dell'«impeto» come causa del «moto violento». Benché non si sapesse definire la natura di un tale impeto impresso ai corpi, questa teoria, elaborata per la prima volta nel VI secolo da Giovanni Filopono e poi sostenuta dai fisici parigini, pur non essendo in grado di risolvere il problema, si opponeva alla tradizionale spiegazione aristotelica del movimento come prodotto del mezzo nel quale i corpi stessi si muovono.

A Pisa Galilei non si limitò alle sole occupazioni scientifiche: risalgono infatti a questo periodo le sue Considerazioni sul Tasso che avranno un seguito con le Postille all'Ariosto: si tratta di note sparse su fogli e annotazioni a margine nelle pagine dei suoi volumi della Gerusalemme e dell’Orlando furioso dove, mentre rimprovera al Tasso «la scarsezza della fantasia e la monotonia lenta dell'immagine e del verso, ciò che ama nell'Ariosto non è solo lo svariare dei bei sogni, il mutar rapido delle situazioni, la viva elasticità del ritmo, ma l'equilibrio armonico di questo, la coerenza dell'immagine l'unità organica – pur nella varietà – del fantasma poetico».

Nell'estate del 1591 il padre Vincenzo morì, lasciando a Galileo l'onere di mantenere tutta la famiglia: per il matrimonio della sorella Virginia, sposatasi quello stesso anno, Galileo dovette provvedere alla dote, contraendo dei debiti, così come dovrà fare per le nozze della sorella Livia nel 1601 con Taddeo Galletti, e altri denari dovrà spendere per soccorrere le necessità della
 numerosa famiglia del fratello Michelangelo.

Guidobaldo Del Monte intervenne ad aiutare nuovamente Galilei nel 1592, raccomandandolo al prestigioso Studio di Padova, dove era ancora vacante la cattedra di matematica dopo la morte, nel 1588, di Giuseppe Moleti.

Il 26 settembre 1592 le autorità della Repubblica di Venezia emanarono il decreto di nomina, con un contratto, prorogabile, di quattro anni e con uno stipendio di 180 fiorini l'anno. Il 7 dicembre Galilei tenne a Padova il discorso introduttivo e dopo pochi giorni cominciò un corso destinato ad avere un grande seguito presso gli studenti. Vi resterà per diciotto anni, che definirà «li diciotto anni migliori di tutta la mia età». Galilei arriva nella Repubblica di Venezia solo pochi mesi dopo l'arresto di Giordano Bruno (23 maggio 1592) a Venezia.

Il periodo padovano (1592-1610)

Paolo Sarpi
Nel dinamico ambiente dello Studio di Padova – risultato anche del clima di relativa tolleranza religiosa garantito dalla Repubblica veneziana – Galilei intrattenne rapporti cordiali anche con personalità di orientamento filosofico e scientifico lontano dal suo, come il docente di filosofia naturale Cesare Cremonini, filosofo rigorosamente aristotelico. Frequentò anche i circoli colti e gli ambienti senatoriali di Venezia, dove strinse amicizia con il nobile Giovanfrancesco Sagredo, che Galilei renderà protagonista del suo Dialogo sopra i massimi sistemi, e con Paolo Sarpi, teologo ed esperto altresì di matematica e di astronomia. È contenuta proprio nella lettera indirizzata il 16 ottobre 1604 al frate servita la formulazione della legge sulla caduta dei gravi:

«gli spazii passati dal moto naturale esser in proportione doppia dei tempi, e per conseguenza gli spazii passati in tempi eguali esser come ab unitate, et le altre cose. Et il principio è questo: che il mobile naturale vadia crescendo di velocità con quella proportione che si discosta dal principio del suo moto .»

Galileo aveva tenuto a Padova lezioni di meccanica dal 1598: il suo Trattato di meccaniche, stampato a Parigi nel 1634, dovrebbe essere il risultato dei suoi corsi, che avevano avuto origine dalle Questioni meccaniche di Aristotele.

Nello Studio di Padova Galileo attrezzò, con l'aiuto di Marcantonio Mazzoleni, un artigiano che abitava nella sua stessa casa, una piccola officina nella quale eseguiva esperimenti e fabbricava strumenti che vendeva per arrotondare lo stipendio. È del 1593 la macchina per portare l'acqua a livelli più alti, per la quale ottenne dal Senato veneto un brevetto ventennale per la sua utilizzazione pubblica. Dava anche lezioni private – suoi allievi furono, tra gli altri, Vincenzo Gonzaga, il principe d'Alsazia Giovanni Federico, i futuri cardinali Guido Bentivoglio e Federico Cornaro – e ottenne aumenti di stipendio: dai 320 fiorini percepiti annualmente nel 1598, passò ai 1.000 ottenuti nel 1609.

Galileo Galilei (Pisa, 15 febbraio 1564 – Arcetri, 8 gennaio 1642) è stato un fisico, astronomo, filosofo, matematico e accademico italiano, considerato il padre della scienza moderna.


Il cannocchiale
«Non basta guardare, occorre guardare con occhi che vogliono vedere, che credono in quello che vedono.»
(Galileo Galilei)

Non sembra che, negli anni della polemica sulla "nuova stella", Galilei si fosse già pubblicamente pronunciato a favore della teoria copernicana: si ritiene[45] che egli, pur intimamente convinto copernicano, pensasse di non disporre ancora di prove sufficientemente forti da ottenere invincibilmente l'assenso della universalità degli studiosi. Aveva, tuttavia, espresso privatamente la propria adesione al copernicanesimo già nel 1597: in quell'anno, infatti, a Keplero – che aveva recentemente pubblicato il suo Prodromus dissertationum cosmographicarum – scriveva di essere copernicano da molti anni e di aver prove (che però non espose) a sostegno di Copernico, «praeceptoris nostri».

Galileo Galilei (Pisa, 15 febbraio 1564 – Arcetri, 8 gennaio 1642) è stato un fisico, astronomo, filosofo, matematico e accademico italiano, considerato il padre della scienza moderna.


Le prove a sostegno della teoria copernicana potevano essere offerte solo dopo meticolose osservazioni e lo strumento che le avrebbe rese possibili era stato appena inventato. Di ottica si erano occupati Giovanni Battista Della Porta[N 30] nella sua Magia naturalis (1589) e nel De refractione (1593), e Keplero negli Ad Vitellionem paralipomena, del 1604, opere dalle quali era possibile pervenire alla costruzione del cannocchiale: ma lo strumento fu costruito per la prima volta, indipendentemente da quegli studi nei primi anni del XVII secolo dall'artigiano Hans Lippershey, noto anche come Johann Lippershey o Lipperhey (Wesel, 1570 – Middelburg, settembre 1619), un ottico tedesco naturalizzato olandese. Galileo ne ebbe notizia – e forse anche un esemplare – nella primavera del 1609 e, ricostruito e potenziato empiricamente, il 21 agosto lo presentò come propria invenzione al governo veneziano che, apprezzando l'«invenzione», gli raddoppiò lo stipendio e gli offrì un contratto vitalizio d'insegnamento. Il telescopio avvicinava le cose lontane, poteva vincere la lontananza dai sensi che da sempre rappresentava un ostacolo per l'osservazione del cielo. Lo strumento che serviva per il diletto degli uomini di corte diventa, con Galileo, un alleato della scienza. Lo scienziato pisano si pone in antitesi al tradizionale punto di vista antropocentrico in base al quale la conoscenza è data, nell'immediato, dalle percezioni dell'uomo. «Far entrare gli strumenti nella scienza - scrive al riguardo Paolo Rossi - concepirli come fonti di verità non fu una facile impresa. Vedere, nella scienza del nostro tempo, vuol dire, quasi esclusivamente, interpretare segni generati da strumenti. Alle origini di ciò che oggi vediamo nei cieli c'è un iniziale, solitario gesto di coraggio intellettuale».


Frontespizio del Sidereus Nuncius (1610)
Per tutto il resto di quell'anno Galileo s'impegnò nelle osservazioni astronomiche: acquisì informazioni più precise sui monti lunari, sulla composizione della Via Lattea e scoprì i quattro maggiori satelliti di Giove. Le nuove scoperte furono pubblicate il 12 marzo del 1610 nel Sidereus Nuncius, una copia del quale Galileo inviò al granduca di Toscana Cosimo II, già suo allievo, insieme con un esemplare del suo cannocchiale e la dedica dei quattro satelliti, battezzati da Galileo in un primo tempo Cosmica Sidera e successivamente Medicea Sidera («pianeti medicei»). È evidente l'intenzione di Galileo di guadagnarsi la gratitudine della Casa medicea, molto probabilmente non soltanto ai fini del suo intento di ritornare a Firenze, ma anche per ottenere un'influente protezione in vista della presentazione, di fronte al pubblico degli studiosi, di quelle novità, che certo non avrebbero mancato di sollevare polemiche.

Galileo Galilei (Pisa, 15 febbraio 1564 – Arcetri, 8 gennaio 1642) è stato un fisico, astronomo, filosofo, matematico e accademico italiano, considerato il padre della scienza moderna.



Gli ultimi anni (1633-1642)

La sentenza di condanna prevedeva un periodo di carcere a discrezione del Sant'Uffizio e l'obbligo di recitare per tre anni, una volta alla settimana, i salmi penitenziali. Il rigore letterale fu mitigato nei fatti: la prigionia consistette nel soggiorno coatto per cinque mesi presso la residenza romana dell'ambasciatore del Granduca di Toscana, Pietro Niccolini, a Trinità dei Monti e di qui, nella casa dell'arcivescovo Ascanio Piccolomini a Siena, su richiesta di questi. Quanto ai salmi penitenziali, Galileo incaricò di recitarli, con il consenso della Chiesa, la figlia Maria Celeste, suora di clausura. A Siena il Piccolomini favorì Galileo permettendogli di incontrare personalità della città e di dibattere questioni scientifiche. A seguito di una lettera anonima che denunciò l'operato dell'arcivescovo e dello stesso Galileo, il Sant'Uffizio provvide, accogliendo una stessa richiesta avanzata in precedenza da Galilei, a confinarlo nell'isolata villa («Il Gioiello») che lo scienziato possedeva nella campagna di Arcetri. Nell'ordine del 1º dicembre 1633 si intimava a Galileo di «stare da solo, di non chiamare né di ricevere alcuno, per il tempo ad arbitrio di Sua Santità». Solo i familiari potevano fargli visita, dietro preventiva autorizzazione: anche per questo motivo gli fu particolarmente dolorosa la perdita della figlia suor Maria Celeste, l'unica con cui avesse mantenuto legami, avvenuta il 2 aprile 1634.

Poté tuttavia mantenere corrispondenza con amici ed estimatori, anche fuori d'Italia: a Elia Diodati, a Parigi, scrisse il 7 marzo 1634, consolandosi delle sue sventure che «l'invidia e la malignità mi hanno machinato contro» con la considerazione che «l'infamia ricade sopra i traditori e i costituiti nel più sublime grado dell'ignoranza». Dal Diodati seppe della traduzione in latino che Matthias Bernegger andava facendo a Strasburgo del suo Dialogo e gli riferì di «un tal Antonio Rocco... purissimo peripatetico, e remotissimo dall'intender nulla né di matematica né d'astronomia» che scriveva a Venezia «mordacità e contumelie» contro di lui. Questa, e altre lettere, dimostrano quanto poco Galileo avesse rinnegato le proprie convinzioni copernicane.

Dopo il processo del 1633 Galilei scrisse e pubblicò nei Paesi Bassi[N 46] nel 1638 un grande trattato scientifico dal titolo Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinenti la mecanica e i moti locali grazie al quale lo si considera il padre della scienza moderna. È organizzato come un dialogo che si svolge in quattro giornate fra i tre medesimi protagonisti del precedente Dialogo dei massimi sistemi (Sagredo, Salviati e Simplicio).

Nella prima giornata, Galileo tratta della resistenza dei materiali: la diversa resistenza deve essere legata alla struttura della particolare materia e Galileo, pur senza pretendere di pervenire a una spiegazione del problema, affronta l'interpretazione atomistica di Democrito, considerandola un'ipotesi capace di rendere conto di fenomeni fisici. In particolare, la possibilità dell'esistenza del vuoto – prevista da Democrito – viene ritenuta una seria ipotesi scientifica e nel vuoto – ossia nell'inesistenza di un qualunque mezzo in grado di opporre resistenza – Galileo sostiene giustamente che tutti i corpi «discenderebbero con eguale velocità», in opposizione con la scienza contemporanea che riteneva l'impossibilità del moto nel vuoto.

Dopo aver trattato della statica e della leva nella seconda giornata, nella terza e nella quarta si occupa della dinamica, stabilendo le leggi del moto uniforme, del moto naturalmente accelerato e del moto uniformemente accelerato e delle oscillazioni del pendolo.

Negli ultimi anni di vita, Galilei intraprende un'affettuosa corrispondenza con Alessandra Bocchineri.[N 47] La famiglia Bocchineri di Prato aveva dato nel 1629 una giovane, di nome Sestilia, sorella di Alessandra, per moglie al figlio di Galilei, Vincenzio.

Quando Galilei, nel 1630, ormai sessantaseienne, incontra Alessandra,[N 48] questa è una donna di 33 anni che si è affinata e ha coltivato la sua intelligenza come dama d'onore della imperatrice Eleonora Gonzaga presso la corte viennese dove conosce e sposa Giovanni Francesco Buonamici, un importante diplomatico che diventerà buon amico di Galilei.

Nella corrispondenza Alessandra e Galilei si scambiano numerosi inviti per incontrarsi e Galilei non manca di elogiare l'intelligenza della donna dato che «sì rare si trovano donne che tanto sensatamente discorrino come ella fa».[64][65][66] Con la cecità e l'aggravarsi delle condizioni di salute[N 49] lo scienziato fiorentino è costretto talvolta a rifiutare gli inviti «non solo per le molte indisposizioni che mi tengono oppresso in questa mia gravissima età, ma perché son ritenuto ancora in carcere, per quelle cause che benissimo son note».[67][68]

L'ultima lettera mandata ad Alessandra nel 20 dicembre del 1641 di "non volontaria brevità"[N 50] precede di poco la morte di Galilei che sopraggiungerà 19 giorni dopo nella notte dell'8 gennaio 1642 ad Arcetri, assistito da Viviani e Torricelli.

Dopo la morte

«Vide / sotto l'etereo padiglion rotarsi / più mondi, e il Sole irradïarli immoto,
onde all'Anglo che tanta ala vi stese / sgombrò primo le vie del firmamento.»

(Ugo Foscolo, Dei sepolcri, vv. 165-169)

Galilei venne tumulato nella Basilica di Santa Croce a Firenze insieme ad altri grandi come Machiavelli e Michelangelo ma non fu possibile innalzargli l'«augusto e suntuoso deposito» desiderato dai discepoli, perché il 25 gennaio il nipote di Urbano VIII, il cardinale Francesco Barberini, scrisse all'inquisitore di Firenze Giovanni Muzzarelli di «far passare all'orecchie del Gran Duca che non è bene fabbricare mausolei al cadavero di colui che è stato penitentiato nel Tribunale della Santa Inquisitione, ed è morto mentre durava la penitenza nell'epitaffio o iscrittione che si porrà nel sepolcro, non si leggano parole tali che possano offendere la reputatione di questo Tribunale. La medesima avvertenza dovrà pur ella avere con chi reciterà l'oratione funebre...».

La Chiesa mantenne la sorveglianza anche nei confronti degli allievi di Galileo: quando questi diedero vita all'Accademia del Cimento, essa intervenne presso il Granduca e l'Accademia fu sciolta nel 1667. Soltanto nel 1737, Galileo Galilei fu onorato con un monumento funebre in Santa Croce, che sarà celebrato da Ugo Foscolo.

Eliocentrismo, scienza e teologia
Convinto della correttezza della cosmologia copernicana, Galileo era ben consapevole che essa era ritenuta in contraddizione con il testo biblico e la tradizione dei Padri della Chiesa, che sostenevano invece una concezione geocentrica dell'universo. Poiché la Chiesa considerava le Sacre Scritture ispirate dallo Spirito Santo, la teoria eliocentrica poteva essere accettata, fino a prova contraria, soltanto come semplice ipotesi (ex suppositione) o modello matematico, senza alcuna attinenza con la reale posizione dei corpi celesti. Proprio a questa condizione il De revolutionibus orbium coelestium di Copernico non era stato condannato dalle autorità ecclesiastiche e menzionato nell'Indice dei libri proibiti, almeno fino al 1616.

Galileo, intellettuale cattolico, si inserì nel dibattito sul rapporto fra scienza e fede con la lettera a padre Benedetto Castelli del 21 dicembre1613. Egli difese il modello copernicano sostenendo che esistono due verità necessariamente non in contraddizione o in conflitto fra loro. La Bibbia è certamente un testo sacro di ispirazione divina e dello Spirito Santo, ma comunque scritto in un preciso momento storico con lo scopo di orientare il lettore verso la comprensione della vera religione. Per questa ragione, come già avevano sostenuto molti esegeti tra i quali Lutero e Keplero, i fatti della Bibbia sono stati necessariamente scritti in modo tale da poter essere compresi anche dagli antichi e dalla gente comune. Occorre quindi discernere, come già sostenuto da Agostino d'Ippona, il messaggio propriamente religioso dalla descrizione, storicamente connotata ed inevitabilmente narrativa e didascalica, di fatti, episodi e personaggi:

«Dal che seguita, che qualunque volta alcuno, nell'esporla, volesse fermarsi sempre nel nudo suono litterale, potrebbe, errando esso, far apparire nelle Scritture non solo contraddizioni e proposizioni remote dal vero, ma gravi eresie e bestemmie ancora: poi che sarebbe necessario dare a Iddio e piedi e mani e occhi, e non meno affetti corporali ed umani, come d'ira, di pentimento, d'odio ed anco tal volta la dimenticanza delle cose passate e l'ignoranza delle future...»

(Galileo Galilei,)

Il noto episodio biblico della richiesta di Giosuè a Dio di fermare il Sole per prolungare il giorno era usato in ambito ecclesiastico a sostegno del sistema geocentrico. Galileo sostenne invece che in quel modo il giorno non si sarebbe allungato, in quanto nel sistema tolemaico la rotazione diurna (giorno/notte) non dipende dal Sole, ma dalla rotazione del Primum Mobile. La Bibbia deve essere reinterpretata e «bisogna alterar il senso delle parole, e dire che quando la Scrittura dice che Iddio fermò il Sole, voleva dire che fermò 'l primo mobile, ma che, per accomodarsi alla capacità di quei che sono a fatica idonei a intender il nascere e 'l tramontar del Sole, ella dicesse al contrario di quel che avrebbe detto parlando a uomini sensati». Invece, secondo Galileo, nel sistema copernicano la rotazione del Sole sul proprio asse provoca sia la rivoluzione della Terra attorno al Sole, sia la rotazione diurna (giorno/notte) della Terra attorno all'asse terrestre (ipotesi poi mostratesi entrambe errate). Quindi, scrive Galileo, l'episodio biblico «ci mostra manifestamente la falsità e impossibilità del mondano sistema Aristotelico e Tolemaico, e all'incontro benissimo s'accomoda co 'l Copernicano». Infatti se Dio avesse fermato il Sole assecondando la richiesta di Giosuè, ne avrebbe necessariamente bloccato la rotazione assiale (unico suo movimento previsto nel sistema copernicano), provocando di conseguenza - secondo Galileo - l'arresto sia della (ininfluente) rivoluzione annuale, sia della rotazione terrestre diurna prolungando quindi la durata del giorno. A questo proposito, è interessante la critica proposta da Arthur Koestler, in cui sostiene che Galileo "sapeva meglio di chiunque altro che se la terra si fermasse bruscamente, montagne, case, città, crollebbero come un castello di carte; il più ignorante dei frati, senza sapere nulla del momento di inerzia, sapeva benissimo quel che succedeva quando i cavalli e la carrozza frenavano di colpo o quando una nave finiva contro gli scogli. Se si interpretava la Bibbia secondo Tolomeo, il brusco arresto del Sole non aveva effetti fisici degni di nota e il miracolo rimaneva credibile al pari di qualsiasi altro miracolo; in base all'interpretazione di Galileo, Giosuè avrebbe distrutto non soltanto gli Amorrei, ma la terra intera. Sperando di far passare queste sciocchezze penose, Galileo rivelava il suo disprezzo per gli avversari". Galileo fece analoghe considerazioni in lettere indirizzate al fiorentino monsignor Piero Dini e alla granduchessa Cristina di Lorena, le quali destarono preoccupazione negli ambienti conservatori per le idee innovative, il carattere polemico e l'ardimento coi quali lo scienziato sosteneva che alcuni passi della Bibbia dovessero venir reinterpretati alla luce del sistema copernicano, all'epoca non ancora dimostrato.

Per Galileo le Sacre Scritture si occupano di Dio; il metodo per condurre le indagini sulla Natura deve fondarsi su «sensate esperienze» e «necessarie dimostrazioni». La Bibbia e la Natura non possono contraddirsi perché derivano entrambe da Dio; di conseguenza, in caso di discordia apparente, non sarà la scienza a dover fare un passo indietro, bensì gli interpreti del testo sacro che dovranno cercare al di là del significato superficiale di quest'ultimo. In altri termini, come spiega lo studioso di Galilei Andrea Battistini, «il testo biblico è conforme soltanto "al comun modo del volgo", ossia si adatta non già alle competenze degli "intendenti", ma ai limiti conoscitivi dell'uomo comune, velando così con una sorta di allegoria il senso più profondo degli enunciati. Se il messaggio letterale può divergere dagli enunciati della scienza, non lo può mai il suo contenuto "recondito" e più autentico, ricavabile dall'interpretazione del testo biblico oltre i suoi significati più epidermici». Circa il rapporto tra scienza e teologia, celebre è la sua frase: «intesi da persona ecclesiastica costituita in eminentissimo grado, l'intenzione dello Spirito Santo essere d'insegnarci come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo«,  usualmente attribuita al cardinale Cesare Baronio.  Si noti che, applicando tale criterio, Galileo non avrebbe potuto usare il passo biblico di Giosuè per cercare di dimostrare un presunto accordo tra testo sacro e sistema copernicano, e la supposta contraddizione tra la Bibbia e il modello tolemaico. Deriva invece proprio da tale criterio la visione galileiana secondo la quale esistono due sorgenti di conoscenza ("libri"), che sono in grado di rivelare la stessa verità che proviene da Dio. Il primo è la Bibbia, scritta in termini comprensibili al volgo, che ha essenzialmente valore salvifico e di redenzione dell'anima, e richiede quindi un'attenta interpretazione delle affermazioni relative ai fenomeni naturali che in essa sono descritti. Il secondo è «questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), scritto in lingua matematica»,  che va letto secondo la razionalità scientifica e non va posposto al primo ma, per essere ben interpretato, deve essere studiato con gli strumenti di cui il medesimo Dio della Bibbia ci ha dotati: sensi, discorso e intelletto:
«[...] nelle dispute di problemi naturali non si dovrebbe cominciare dalla autorità di luoghi delle Scritture, ma dalle sensate esperienze e dalle dimostrazioni necessarie: perché, procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura Sacra e la natura, quella come dettatura dello Spirito Santo, e questa come osservantissima esecutrice de gli ordini di Dio ...»
(Galileo Galilei,)

Sempre nella lettera alla granduchessa Cristina di Lorena del 1615, alla domanda se la teologia potesse ancora essere concepita come la regina delle scienze, Galilei rispose che l'oggetto di cui trattava la teologia la rendeva d'importanza primaria, ma che questa non poteva pretendere di pronunciare giudizi nel campo delle verità della scienza. Al contrario, se un certo fatto o fenomeno scientificamente dimostrato non si accorda con i testi sacri, allora sono questi che devono essere riletti alla luce dei nuovi progressi e delle nuove scoperte.

Secondo la dottrina galileiana delle due verità non vi può essere, in definitiva, disaccordo tra vera scienza e vera fede essendo, per definizione, entrambe vere. Ma, in caso di apparente contraddizione su fatti naturali, occorre modificare l'interpretazione del testo sacro per adeguarla alle conoscenze scientifiche più aggiornate.

La posizione della Chiesa al riguardo non differiva sostanzialmente da quella di Galileo: con molte più cautele, anche la Chiesa cattolica ammetteva la necessità di rivedere l'interpretazione delle sacre scritture alla luce di fatti nuovi e nuove conoscenze solidamente comprovate. Ma nel caso del sistema copernicano, il cardinal Roberto Bellarmino e molti altri teologi cattolici sostennero, ragionevolmente, che non vi fossero prove conclusive a suo favore:

«La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.»

(Galileo Galilei)

La mancata osservazione, con gli strumenti allora disponibili, della parallasse stellare (che si sarebbe dovuta riscontrare come effetto dello spostamento della Terra rispetto al cielo delle stelle fisse) costituiva invece, all'epoca, evidenza contraria alla teoria eliocentrica. In tale contesto, la Chiesa ammetteva quindi che si parlasse del modello copernicano solo ex suppositione (come ipotesi matematica). La difesa di Galileo ex professo (con cognizione di causa e competenza, di proposito e intenzionalmente) della teoria copernicana quale reale descrizione fisica del sistema solare e delle orbite dei corpi celesti si scontrò quindi, inevitabilmente, con la posizione ufficiale della Chiesa cattolica. Tale contrapposizione sfociò nel processo a Galileo Galilei del 1633, che si concluse con la condanna per eresia e l'abiura forzata delle sue concezioni astronomiche.

Riabilitazione da parte della Chiesa cattolica

Al di là dal giudizio storico, giuridico e morale sulla condanna a Galilei, le questioni di carattere epistemologico e di ermeneutica biblica che furono al centro del processo sono state oggetto di riflessione da parte di innumerevoli pensatori moderni, che spesso hanno citato la vicenda di Galileo per esemplificare, talora in termini volutamente paradossali, il loro pensiero in merito a tali questioni. Ad esempio, il filosofo austriaco Paul Feyerabend, sostenitore di una teoria anarchica della conoscenza, sostenne:

«La Chiesa dell'epoca di Galilei si attenne alla ragione più che lo stesso Galilei, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galilei fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione»

Questa provocazione sarà poi ripresa dal card. Ratzinger, dando luogo a contestazioni da parte dell'opinione pubblica[83]. Ma il vero scopo per cui Feyerabend aveva espresso tale provocatoria affermazione era

«solo mostrare la contraddizione di coloro che approvano Galileo e condannano la Chiesa, ma poi verso il lavoro dei loro contemporanei sono rigorosi come lo era la Chiesa ai tempi di Galileo.»

Nel corso dei secoli che seguirono la Chiesa modificò la propria posizione nei confronti di Galilei: nel 1734 il Sant'Uffizio concesse l'erezione di un mausoleo in suo onore nella chiesa di Santa Croce in Firenze; Benedetto XIV nel 1757 tolse dall'Indice i libri che insegnavano il moto della Terra, con ciò ufficializzando quanto già di fatto aveva fatto papa Alessandro VII nel 1664 con il ritiro del Decreto del 1616. La definitiva autorizzazione all'insegnamento del moto della Terra e dell'immobilità del Sole arrivò con un decreto della Sacra Congregazione dell'inquisizione approvato da Papa Pio VII il 25 settembre 1822.

Nel 1968 papa Paolo VI fece avviare la revisione del processo e con l'intento di porre una parola definitiva riguardo a queste polemiche Papa Giovanni Paolo II il 3 luglio 1981, auspicò che fosse intrapresa una ricerca interdisciplinare sui difficili rapporti di Galileo con la Chiesa e istituì una Commissione Pontificia per lo studio della controversia tolemaico-copernicana del XVI e del XVII secolo, nella quale il caso Galilei si inserisce.

Dopo ben tredici anni di dibattimento, il 31 ottobre 1992, la Chiesa cancellò la condanna, formalmente ancora esistente[85], e chiarì la sua interpretazione sulla questione teologica scientifica galileiana riconoscendo che la condanna di Galileo Galilei fu dovuta all'ostinazione di entrambe le parti nel non voler considerare le rispettive teorie come semplici ipotesi non comprovate sperimentalmente e, d'altra parte, alla «mancanza di perspicacia», ovvero di intelligenza e lungimiranza, dei teologi che lo condannarono, incapaci di riflettere sui propri criteri di interpretazione della Scrittura e responsabili di aver inflitto molte sofferenze allo scienziato. Come disse infatti Giovanni Paolo II.



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venerdì 21 giugno 2019

Ora di Religione, Sostituirla con un’ora di Educazione Civica

L’ora di religione, mozione per abolirla e sostituirla con un’ora di educazione civica



Una mozione presentata al governo 
per abolire l’ora di religione
 e sostituirla con un’ora obbligatoria 
di educazione civica. 

Associazione Luca Coscioni:
 “Il nostro obiettivo è quello della laicità dello Stato, che non è un obiettivo antireligioso,
 ma anzi profondamente rispettoso della libertà religiosa e di espressione”.



Abolire l'ora di religione e sostituirla con un'ora obbligatoria di educazione civica. È questo lo scopo di una mozione  depositata al Senato da Riccardo Nencini e firmata da Emma Bonino (+Europa), Maurizio Buccarella (M5S), Roberto Rampi (Pd), Loredana De Petris (Leu), Carlo Martelli (Gruppo Misto), Elena Fattori (M5S), Tommaso Cerno (Pd), Matteo Mantero (M5S).

L'intenzione dei promotori anche quella di chiedere formalmente alla CEI di avviare la procedura per modificare i criteri arbitrari con cui viene eseguita la ripartizione della quota ‘non destinata' dell’otto per mille (circa la metà del totale). Inoltre nel testo viene esplicitato l'intento di rivedere le norme relative all'IMU sui beni immobili della Chiesa Cattolica ed intraprendere un’azione determinata per dare attuazione alla recente sentenza della Corte Europea, recuperando l’ICI non pagata in passato.

La mozione è la prima concreta azione parlamentare che nasce dall'appello formulato a fine gennaio da Carlo Troilo, dirigente della Associazione Luca Coscioni, in vista del 90° anniversario del Concordato: appello subito accolto e rilanciato dalle associazioni laiche UAAR, Libero Pensiero Giordano Bruno e Democrazia Liberale e firmato da centinaia di intellettuali (fra cui due ex giudici della Corte Costituzionale). "Tutti questi privilegi per la Chiesa Cattolica – si legge nella mozione – contrastano con la crescente secolarizzazione della società italiana dove i cattolici praticanti sono circa il 30% della popolazione, e scendono al di sotto di questa percentuale fra i giovani".

"Il nostro obiettivo – ha spiegato Carlo Troilo – è quello della laicità dello Stato, che non è un obiettivo antireligioso, ma anzi profondamente rispettoso della libertà religiosa e di espressione. Vorrei che la scuola fosse il luogo dove vengono insegnati il pensiero critico e l'educazione civica, e vorrei che il danaro pubblico fosse utilizzato per finanziare progetti di interesse pubblico invece che assegnati a fondo perduto a organizzazioni religiose, che poi lo utilizzano anche per campagne politiche, come accaduto per il sabotaggio del referendum sulla legge 40. I privilegi fiscali per gli enti legati al Vaticano, oltre ad essere un danno per tutti i cittadini, sono una offesa innanzitutto ai cattolici, che vedono impropriamente utilizzata la motivazione religiosa
 per imporre misure di iniquità fiscale".


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martedì 9 aprile 2019

Prima Vera Foto di un Buco Nero

Prima Vera Foto di un Buco Nero


Il 10 aprile atteso annuncio rivoluzionario

Dopo due anni trascorsi a elaborare un’immensa mole di dati sul buco nero supermassiccio Sagittarius A*, gli scienziati del progetto Event Horizon Telescope sono pronti per un annuncio definito “rivoluzionario”. Il 10 aprile, infatti, assieme ai membri della Commissione Europea e del Consiglio Europeo della Ricerca terranno una conferenza stampa nella quale, con altissima probabilità, verrà mostrata la prima, storica immagine di un buco nero.

La prima fotografia di un buco nero verrà mostrata al mondo con altissima probabilità alle 15:00 di mercoledì 10 aprile, quando la Commissione Europea, il Consiglio Europeo della Ricerca (ERC) e i ricercatori del progetto EHT (Event Horizon Telescope) terranno una conferenza stampa per presentare un “risultato rivoluzionario” ottenuto dagli scienziati. Poiché il progetto internazionale Event Horizon Telescope è nato con l’obiettivo di analizzare e fotografare per la prima volta Sagittarius A*, il buco nero supermassiccio sito al centro della Via Lattea (la nostra galassia), e poiché sono passati due anni dalla raccolta dell’immensa mole di dati per ottenere la storica immagine, non ci sono quasi dubbi sul fatto che finalmente, tra pochi giorni, potremo ammirare per la prima volta il vero aspetto di un buco nero.

Orizzonte degli eventi. I voracissimi buchi neri, che non lasciano sfuggire qualunque tipo di radiazione elettromagnetica, sono tecnicamente invisibili ai nostri strumenti, siano essi sensibili ai raggi X, alla luce visibile (ottici), agli infrarossi o di altro tipo. Ecco perché fino ad oggi non ne abbiamo mai visto uno. Ma allora come hanno fatto gli ambiziosi scienziati dell'Event Horizon Telescope a tentare la storica impresa? Tutto ruota attorno al concetto di “orizzonte degli eventi”. I buchi neri sono circondati da una sorta di “aura”, superata la quale non è possibile tornare indietro; si verrebbe irrimediabilmente risucchiati dal cuore di tenebra. Anche la luce non può sfuggire all'attrazione gravitazionale del buco nero, una volta superato il confine dell'orizzonte degli eventi. Si tratta di uno dei luoghi più turbolenti dell'Universo, dove vorticano miscele di gas e polveri mentre il buco nero continua a divorare materia, stelle comprese, la cui luce rappresenta un ulteriore ostacolo nell'osservazione dei misteriosi cuori di tenebra. È proprio questo confine che dovremmo riuscire a vedere nell'immagine dell'ETH. Il risultato non dovrebbe essere troppo dissimile dalla rappresentazione del buco nero Gargantua in Interstellar, cioè una sfera nera circondata da un anello luminoso di materia. A causa dell'effetto doppler, tuttavia, dovremmo riuscire a vedere solo una mezzaluna luminosa e non un anello completo.

Scatto storico. Per provare a immortalare Sagittarius A*, che ha una massa 4 milioni di volte quella del Sole e che dista 25mila anni luce dalla Terra, gli scienziati hanno usato una rete globale di strumenti, otto potentissimi radiotelescopi come il South Pole Telescope, l'ALMA in Cile e il James Clerk Maxwell alle Hawaii. Ad aprile 2017 si è conclusa la raccolta di ben 10 Petabyte di dati salvati in oltre mille hard disk, che in questi due anni sono stati accuratamente elaborati dagli scienziati per ottenere lo scatto che, se tutto è andato come previsto, dovremo ammirare mercoledì 10 aprile. Non resta che attendere i giorni che ci separano dall'annuncio già definito rivoluzionario: potrà essere seguito anche in diretta streaming su youtube sulla pagina della Commissione Europea.


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sabato 23 febbraio 2019

Luna piena, ecco lo spettacolo della Superluna il19-02-2019

Il nostro satellite in versione gigante,   ecco perché lo vediamo più grande e più luminoso

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19 febbraio 2019 - E' arrivata, puntuale come previsto: la Superluna dà spettacolo nei cieli d'Europa. Così vicina alla Terra non si era mai presentata. Ma perché una luna piena così grande? Perché nella notte tra il 19 e il 20 febbraio, il satellite si trova 'solo' a 356.761 chilometri dal nostro pianeta, 30mila in meno del solito: in termini tecnici si dice che è nel perigeo, cioè nel punto di minima distanza dalla Terra. All'occhio risulta un diametro del 14% più grande rispetto a quando l'astro si trova nel punto più lontano e una luminosità maggiore del 30%. Se ve la siete persa per colpa di impegni o di qualche nuvola di troppo,
ecco una carrellata di foto che arrivano da tutta Europa e oltre.


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mercoledì 13 febbraio 2019

Scuola, addio allo studio della storia e dell’arte

Scuola, addio allo studio della storia e dell’arte


 ecco perché siamo
 un Paese senza futuro


Dalla riforma che ha investito lo studio della storia dell’arte nei licei e negli istituti tecnici e professionali alla recente decisione di eliminare la traccia di storia dalle tipologie del tema dell’esame di maturità, il nostro è un Paese che attraverso la scuola sta dicendo addio al proprio futuro.

Nelle ultime settimane la scuola italiana è tornata a far parlare di sé, e per motivi ancora una volta preoccupanti: a scatenare le proteste e la reazione di studiosi ed esperti del settore è stata la scelta della Commissione presieduta da Luca Serianni di eliminare la traccia di Storia dall'esame di maturità. Una proposta che si aggiunge alla lunga lista di cambiamenti e riforme che hanno riguardato la scuola italiana negli ultimi otto anni, in cui spiccava già il triste trattamento che una disciplina come la Storia dell’Arte stava subendo: quella di Serianni è solo l’ultima di una lunga serie di scelte che ci trasformeranno in un Paese incapace di guardare al passato e dunque, senza futuro. Ecco perché.

I cambiamenti, in breve
Ma cosa è cambiato davvero nelle scuole italiane? Per quanto riguarda le discipline storico-artistiche il discorso è lungo e complesso, e nasce più o meno all'epoca della riforma Gelmini del 2010: da allora, le ore dedicate alla Storia dell’arte sono state drasticamente diminuite (ma non eliminate del tutto) sia nei licei sia negli istituti tecnici e professionali, in ottica di un’ottimizzazione del monte ore e delle risorse già esigue della scuola.

Per l’insegnamento della Storia il discorso è diverso: la materia continuerà, per fortuna, ad essere insegnata e studiata sia nei licei che negli istituti tecnici e professionali, ma il grande traguardo dell’esame di maturità subirà in questo senso una drastica modificazione. Niente più traccia storica fra le tipologie previste per il tema. Ci si chiede ora se una decisione di questo genere modificherà l’approccio allo studio di una disciplina che, scomparendo dalla “lista” di competenze e saperi richiesti ad un maturando, molto probabilmente verrà sempre di più sottovalutata.

Senza storia non abbiamo futuro: ecco perché
La maggior parte dei giovani, alla fine del secolo, è cresciuta in una sorta di presente permanente, nel quale manca ogni tipo di rapporto organico con il passato storico del tempo in cui essi vivono. (…)


Il lavoro degli storici, il cui compito è ricordare ciò che altri dimenticano, è ancora più essenziale ora di quanto mai lo sia stato nei secoli scorsi.

Nel suo lavoro più conosciuto Eric Hobsbawm parlava così. Erano gli anni Novanta, e si iniziava a fare i conti con quel “Secolo breve” che stava cambiando radicalmente, secondo lo storico, il modo in cui l’uomo si relazionava al progresso e al proprio futuro. La necessità palesata da Hobsbawm è oggi passata sotto silenzio: scegliere di privare i giovani degli strumenti essenziali di lettura della realtà storica vuol dire privarli della possibilità di scegliere e determinare il loro futuro.

Perché questo vuol dire sostanzialmente studiare la storia o la storia dell’arte: acquisire la capacità di leggere i fatti, gli accadimenti o, nel caso della storia dell’arte, i linguaggi creativi, in modo razionale e approfondito in modo da poter sviluppare una coscienza individuale, collettiva, civile, e politica. E anche l’Arte, forse soprattutto l’arte, in questo senso, è vitale: essa non è mai stata fine a sé stessa, e le grandi esperienze del Rinascimento ci hanno insegnato come un quadro o un dipinto possa nascondere molta più realtà e politica di quanto pensiamo.

L’arte ha linguaggi e regole ben precise che, se approfondite, permettono di decifrare messaggi che altrimenti resterebbero nascosti: questa capacità, in un’epoca in cui tutto è immagine e comunicazione visiva, è indispensabile. Senza lo studio approfondito di Raffaello o Caravaggio è impossibile comprendere qualcosa della Street Art che tanto piace ai più giovani, ma ancor di più di quello che ci circonda nella vita quotidiana. Allo stesso tempo la storia, che già per Cicerone era “magistra vitae”, non costituisce una semplice raccolta di fatti, date o nomi noiosissimi da imparare: è così che oggi viene insegnata, semmai, perché manca effettivamente il tempo di approfondirne il reale significato. La storia è il presente che in qualche modo è già stato sperimentato, analizzato e vissuto: senza di esso, siamo come ciechi senza una guida.


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martedì 12 febbraio 2019

San Valentino, arriva la Cometa degli Innamorati

San Valentino, arriva la Cometa degli Innamorati

Il nome in codice è per adepti, C/2018Y. L’appellativo deriva dall’astronomo amatoriale giapponese che l’ha scoperta l’anno scorso, Masayuki Iwamoto. Per tutti, però, è la Cometa di San Valentino, astro luminoso che tra oggi e domani incrocerà l’orbita della Terra a circa 45 milioni di chilometri di distanza, il suo punto più vicino (perigeo).

San Valentino, arriva la Cometa degli Innamorati

«Apparirà come un soffice batuffolo» così l’ha descritta, non senza un punta di scientifico romanticismo, l’astrofisico Gianluca Masi del sito Virtual Telescope. Qui sarà possibile seguire in diretta streaming, a partire dalle 22 di domani, il passaggio della Cometa di San Valentino in tutto il suo splendore (nell’emisfero boreale ha fatto capolino già il 6 febbraio, allora era alla minima distanza dal Sole). Gli innamorati avranno una occasione unica: la cometa Iwamoto compie un’orbita intorno al Sole ogni 1371 anni. Dalla Terra è stata vista, l’ultima volta, nel 648 dopo Cristo; il prossimo passaggio sarà dunque nel 3390. 

«La cometa è invisibile a occhio nudo, ma apprezzabile con un binocolo, a patto di essere lontani dall’inquinamento luminoso delle città» ha spiegato Masi. E andrà cercata nella costellazione del Leone. «Poi per qualche giorno la Luna ne disturberà la visione, prima di riconsegnare il palcoscenico alla Iwamoto la prossima settimana - conclude Masi - L’astro sarà comunque osservabile per tutto il mese di marzo. 
Anche se sempre più debole e sfuggente». 
Come certi amori.


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