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mercoledì 22 dicembre 2010

Il cervello matura a 50 anni ?


C'è speranza per tutti. È ciò che emerge da uno studio di ricercatori inglesi dello University College di Londra, i quali hanno scoperto che la corteccia prefrontale del nostro cervello subisce un'evoluzione progressiva anche oltre i 40 anni di età.
La ricerca dei neurologi britannici è stata presentata nel corso del British Neuroscience Christmas Symposium e riportata sulle pagine del quotidiano Daily Telegraph. La coordinatrice della ricerca Sarah-Jayne Blakemore sottolinea il cambiamento della corteccia prefrontale, ovvero dell'area del cervello legata ai rapporti sociali e alla capacità di prendere decisioni, anche in età adulta: “fino a 10 anni fa l'opinione diffusa era che il cervello terminasse il proprio sviluppo nei primi anni di vita. Ora invece grazie alle moderne tecniche di imaging sappiamo che questo non succede. L'area interessata è particolarmente importante, ed è in definitiva quella che ci rende umani”.Tutto ciò grazie alle conquiste tecnologiche avvenute in questo campo negli ultimi anni. Proprio con l'obiettivo di studiare al meglio le caratteristiche della corteccia prefrontale, un gruppo di ricercatori sta lavorando al progetto di un sistema in 3D per scovare gli indizi più piccoli di malfunzionamento neurologico e aiutare i medici a combattere malattie come l'Alzheimer, il Parkinson e altre gravi patologie. Il progetto prende il nome di Neuroprobes ed è finanziato dall'Unione Europea.
Lo studio è stato riportato sul notiziario europeo Cordis e ha già suscitato grande interesse in tutta la comunità scientifica internazionale. Il sistema multifunzionale Neuroprobes riesce a identificare e attivare le cellule cerebrali sia elettronicamente che chimicamente e si dimostra assai flessibile nell'utilizzo, essendo applicabile a diverse patologie cerebrali.
Rispetto alla risonanza magnetica tradizionale, i neurologi potranno ora studiare le varie zone della corteccia prefrontale e capire come sono collegate tra di loro. La corteccia prefrontale è la chiave di volta per comprendere la natura di disturbi del comportamento come la schizofrenia e il disturbo ossessivo compulsivo. Secondo Herc Neves, il coordinatore del progetto che lavora presso il Centro Interuniversitario di microelettronica di Leuven, in Belgio, Neuroprobes potrebbe disattivare chimicamente una zona del cervello e valutarne gli effetti sulle altre aree: “sappiamo bene quali aree del cervello sono implicate in questa o quella attività. Sappiamo perfino quali regioni relativamente piccole del cervello sono coinvolte in compiti di apprendimento e cognitivi. Ma rimane da capire il nesso fra l'attività regionale e quella a livello cellulare”.
Una delle qualità principali di Neuroprobes sarà di garantire al medico una diagnosi precisa prima di un eventuale intervento. Neves fa l'esempio di un paziente epilettico: “Un paziente sta per essere operato, e l'obiettivo è intaccare la minor quantità possibile di tessuto. Se si riesce a individuare con esattezza il punto in cui si genera l'attacco epilettico, si può rimuovere solo quella parte di tessuto. Ciò si traduce in un intervento chirurgico più sicuro e meno invasivo”. Secondo il prof. Giacomo Rizzolatti dell'Università degli Studi di Parma, il sistema in 3D potrebbe rivelare informazioni fondamentali anche sui cosiddetti neuroni specchio, ovvero quei neuroni che si attivano non soltanto quando compiamo un'azione, ma anche quando vediamo la stessa azione eseguita anche da altri. In tal senso, riuscire a capire meglio – grazie a Neuroprobes – i meccanismi che generano questo fenomeno potrebbe rivelarsi fondamentale per migliorare la conoscenza di patologie come l'autismo, ad esempio.
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sabato 4 dicembre 2010

Farmaci e danni genetici, la Bayer finisce in tribunale



Farmaci e danni genetici, la Bayer finisce in tribunale


Ci sono storie che una volta raccontate finiscono presto nel dimenticatoio, consumate in fretta dal meccanismo stesso del racconto che appena concluso fa già parte del passato. Altre storie, invece, sono destinate a correre nel tempo molto più a lungo, portatrici come sono di un’eco profonda che difficilmente si esaurisce una volta terminata la lettura. Rientrano in questa categoria vicende di lotte impari, come quella di un uomo disabile che ha deciso di sfidare un gigante farmaceutico, la Bayer Schering, per chiedere giustizia. Andrè Sommer, un insegnante che vive in Baviera, è il protagonista di questa storia ed accusa l'azienda di avergli provocato evidenti e gravi menomazioni dovute al test di gravidanza usato all'epoca da sua madre (molto diverso da quelli attuali).
L'uomo è nato nel 1975 con un grave handicap alla vescica e agli organi genitali e, dopo averne cercato le prove per molto tempo, è riuscito recentemente a venire a conoscenza di uno scambio di lettere interno al laboratorio della Schering, dove si evince che i ricercatori sapevano bene quel che facevano. Sommer oggi vuole che i fatti vengano chiariti in tribunale.
Ha ricevuto infatti la documentazione decisiva circa tre settimane fa: copie delle suddette lettere, in cui ricercatori britannici della citata casa farmaceutica si scambiavano pareri con i loro colleghi tedeschi circa gravi malformazioni infantili e possibili rischi legati a certi medicinali. In pratica le mamme di questi bambini nati malformati potrebbero aver assunto un test di gravidanza nocivo prodotto consapevolmente dal laboratorio berlinese quando ancora non c'erano i test urinari attuali. Le carte, che risalgono agli anni 1967-1969, testimonierebbero del resto come già all'epoca gli esperti s'interrogassero sulle possibili nefaste conseguenze del Duogynon/Primodos, vale a dire il prodotto che la mamma di Sommer utilizzò in modo inconsapevole sei anni dopo, nel 1975.

L'insegnante disabile tedesco vuole sapere "perché quei signori si scambiavano pareri tra di loro senza renderli pubblici", capire cioè se mamme e figli siano stati usati effettivamente come cavie dall'azienda.
E’ tramite l'articolo apparso il 25 Novembre sul settimanale tedesco Der Spiegel (e riportato in Italia dall’Aduc, l’Associazione no profit per i diritti degli utenti e dei consumatori) che apprendiamo come, in questi giorni, André Sommer abbia deciso di costituirsi contro la Bayer Schering Pharma Ag, presso la 7.ma sezione civile del Tribunale Regionale a Berlino.
Il suo è il primo processo intentato da una presunta vittima del Duogynon da quando, otto anni fa, il Governo tedesco ha modificato la legge sui farmaci per dare più forza giuridica ai possibili danneggiati. Ciò che risulta davvero clamoroso è che questa sua decisione di ricorrere al Tribunale Regionale ha funzionato da “campagna apripista”, poichè ulteriori e numerosi casi analoghi sono usciti allo scoperto a seguito della sua denuncia: vicende che dimostreranno se la recente apposita riforma del governo tedesco reggerà alla prova dei fatti.
Quella modifica legislativa venne promossa infatti per reagire ad un'altra lunga e penosa vicenda legata al Contergan: un sonnifero assunto in gravidanza da donne che partorirono figli disabili e che denunciarono, invano, il produttore (sebbene in pratica non sussistessero dubbi sui devastanti effetti collaterali del medicinale). Le vittime ottennero un indennizzo solo quando l'azienda decise spontaneamente di risarcirle.
Anche nella vicenda Duogynon finora non c’è stato alcun riconoscimento ufficiale di colpa da parte della casa farmaceutica in questione, dato che le procure hanno sempre archiviato le denunce sebbene le mamme colpite resero testimonianza pubblica e accusarono l'azienda già alla fine degli anni settanta.
Ad ogni modo, come dicevamo, dopo che il settimanale Der Spiegel la scorsa settimana ha riportato la vicenda di Sommer, decine di vittime sono uscite allo scoperto. Si tratta di persone con malformazioni agli arti, al cuore, all'addome, alla schiena e che avevano taciuto per anni: nell’elenco che Sommer ha pubblicato sul suo sito ne figurano oltre cento.
In questo momento i Parlamentari Verdi al Bundestag stanno chiedendo chiarimenti al Governo e il ministero della Sanità, pur non prendendo parte al contenzioso, auspica che i ricorrenti riescano a far valere le proprie ragioni. Le presunte vittime denunciano la società Schering, che nel frattempo è stata rilevata dalla concorrente Bayer, esigendo spiegazioni, chiedendo di vedere la documentazione sul Duogynon per denunciare e chiedere i danni alla Bayer Schering. Il legale Joerg Heynemann, che oltre a Sommer difende alcune decine di presunte vittime, sostiene infatti che deve essere una perizia a stabilire se quel test di gravidanza fosse innocuo o meno e scrive: "al di là del giudizio morale sulla procedura che evidentemente ha riguardato un buon numero di donne trattate con i campioni medici, gli imputati dovrebbero svelarne i risultati. Se allora fu adottato il sistema dei campioni medici gratuiti, è chiaro che venissero messi nel conto i possibili effetti negativi".
Perchè gli imputati non vogliono mostrare i risultati degli esperimenti? In tribunale andrà chiarito soprattutto il contenuto delle lettere giunte dalla Gran Bretagna. In una missiva del 13 dicembre 1967, cioè otto anni prima che la madre di Sommer prendesse il farmaco, un ricercatore scriveva: "la palese correlazione tra l'aumento di malformazioni congenite e la vendita del test di gravidanza appare piuttosto allarmante. Si tratta di un prodotto farmaceutico per donne incinte che incide sull'ambiente del feto e dunque dobbiamo essere estremamente prudenti". Come ha detto il legale di Sommer, la Bayer Schering dovrebbe mostrare "apertura e tolleranza" e "sedere ad un tavolo con le persone danneggiate".
Del resto è il minimo che potrebbe fare questa casa farmaceutica, qualora risultasse ufficialmente come unica responsabile di decine e decine di vite rovinate.

DI : Martina Lacerenza

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venerdì 3 dicembre 2010

La Nasa: scoperta la vita aliena


La Nasa: scoperto un batterio che dimostra 

l’esistenza della vita aliena

Può vivere in presenza di arsenico

Hanno trovato E.T?
Siamo vicini a incontrare i famosi omini verdi col naso a trombetta e le orecchie a punta? Forse non esattamente ma gli scienziati della Nasa hanno scoperto un batterio che potrebbe dimostrare l’esistenza degli alieni, ovvero di forme di vita su altri pianeti.
Il microbo – infatti – ha la straordinaria capacità di sopravvivere all’arsenico un elemento considerato incompatibile con la sopravvivenza di qualsiasi forma di vita sulla terra. L’incredibile scoperta – dicono i media britannici – concretizza la prospettiva che la vita possa esistere su altri pianeti dove non c’è fosforo nell’atmosfera.
La scoperta, ovviamente, è tanto clamorosa quanto deludente.
Per i cacciatori di marziani, infatti, sapere che gli alieni sono già tra noi, già sulla terra ma sotto la misera forma di invisibili microbi rischia di essere poco eccitante.
Eppure lil timore, il clamore e l’ansia prendono corpo ugualmente, tra gli ufologi.
Ragionevole, del resto: i piccoli microbi potrebbero essere un’avanguardia aliena, i primi esploratori extraterrestri sulla superficie del pianeta verde.
Il batterio resistente all’arsenico e capace di vivere senza fosforo è stato ritrovato nel Mono Lake, uno dei laghi del parco nazionale Yosemite in California.

Fonte utilizzata per la stesura di questo post:
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