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mercoledì 27 aprile 2016

Ecco l' Uomo di Altamura



Ecco l' Uomo di Altamura a grandezza naturale
Nel 1993 in una grotta delle Murge furono ritrovati i resti di un Neandertal vissuto almeno 130 mila anni fa. Due dei più grandi paleoartisti mondiali ne hanno realizzato un modello a grandezza naturale che sarà presto esposto al pubblico.

Per più di vent’anni il suo cranio è rimasto incastonato tra le stalattiti e le concrezioni calcaree della 
grotta di Lamalunga, in Puglia. Oggi finalmente l’Uomo di Altamura, un Neandertal arcaico, vissuto più di 130 mila anni fa, ha un volto. La sua ricostruzione, realizzata dai due paleoartisti olandesi Adrie e Alfons Kennis che già avevano contribuito a realizzare la riproduzione di Oetzi, la mummia del ghiacciaio del Similaun, è stata appena presentata  nella cittadina pugliese, e costituirà il pezzo forte di una rete museale dedicata a questa fondamentale scoperta paleoantropologica. 


Ricostruito l'aspetto dell'Uomo di Altamura
l'Uomo di Altamura, uno dei più importanti Neanderthal, di cui ora sono disponibili un modello 
tridimensionale del cranio e una ricostruzione dei tratti del viso e dell’intero corpo a grandezza naturale, grazie a una ricerca coordinata da Giorgio Manzi della Sapienza Università di Roma e David Caramelli dell'Università di Firenze.



Grazie a diverse tecniche di imaging applicate allo scheletro imprigionato nella grotta di Lamalunga, in Puglia, è stato possibile ricostruire in tre dimensioni il cranio e il probabile aspetto dell'Uomo di 
Altamura. Il nuovo risultato, ottenuto da ricercatori italiani, conferma i tratti neanderthaliani dell'individuo, che però ne conserva alcuni più arcaici che creano un ponte morfologico con il più antico Homo heidelberghensis

È ancora lì dov'è stato scoperto 23 anni fa nel corso di attività speleologiche, ricoperto da concrezioni e imprigionato dalle rocce calcaree. Eppure le tecnologie digitali, 
sono riuscite in qualche modo a liberarlo.

Stiamo parlando dell'Uomo di Altamura, uno dei più importanti Neanderthal, di cui ora sono disponibili un modello tridimensionale del cranio e una ricostruzione dei tratti del viso e dell’intero corpo a grandezza naturale, grazie a una ricerca coordinata da Giorgio Manzi della Sapienza Università di Roma e David Caramelli dell'Università di Firenze.
  


Uomo di Altamura, così chiamato perché ritrovato nella grotta di Lamalunga, nell'Alta Murgia, in Puglia, negli ultimi anni si erano sapute già molte cose. La prima è la collocazione cronologica: il reperto risale infatti a un periodo compreso tra 172.000 e 130.000 anni fa, alla fine del Pleistocene Medio, come risultato da una datazione pubblicata lo scorso anno sul “Journal of Human Evolution”, ottenuta da Andrea Borsato, oggi all'Università di Newcastle, in Australia.

La seconda riguarda la morfologia dello scheletro, tipica dell'uomo di Neanderthal, ma con alcuni tratti arcaici. Nel 2009 infatti è stato possibile rimuovere un frammento di scapola, l'unico reperto finora uscito fisicamente dalla grotta, ed estrarre campioni di DNA. L'analisi bio-molecolare ha rivelato che l'Uomo di Altamura è geneticamente un Neanderthal.
  
Ora poter vedere com'erano fatti il suo cranio e il suo volto, realizzato con tanto di capelli, barba e baffi da Adrie e Alfons Kennis, due esperti olandesi di questo tipo di ricostruzioni, riporterà l'attenzione su un tesoro paleo-antropologico di inestimabile valore, e consentirà di aprire una nuova stagione di ricerche che si spera possano chiarire alcuni aspetti importanti dell'evoluzione umana.

“Questo risultato è emerso da un progetto di ricerca iniziato con una sofisticata e accurata registrazione della disposizione delle ossa nel giacimento, che come noto sono inglobate nella concrezione della cosiddetta abside: finora erano visibili solo agli speleologi, mentre in futuro si potranno ammirare in un'esposizione museale in forma di una stampa in 3D”, ha spiegato Manzi. “Ciò ha consentito di prendere misure molto attente di alcune ossa lunghe come il femore e l'omero, e di avere così un quadro esatto delle proporzioni corporee dell'Uomo di Altamura, che ha confermato di avere un corpo abbastanza tipico per i Neanderthal”.


Ma è il cranio il pezzo forte di questa operazione di estrazione virtuale.

Ricostruzione del cranio dell'uomo di Altamura estratto virtualmente dalla grotta con tecniche combinate laser scanner (parte anteriore) e fotogrammetriche (parte posteriore e base). Il cranio, ancora ricorperto dalle concrezioni calcaree, è stato ricomposto in laboratorio e integrato digitalmente per quanto riguarda le parti mancanti basandosi su altri Neanderthal arcaici. 

“Per quanto riguarda il cranio, abbiamo utilizzato la tecnica di laser scanner per la parte anteriore, 
quella del viso, che è visibile all'interno della grotta senza particolari sforzi, mentre per la parte 
posteriore e basale abbiamo utilizzato tecniche di fotogrammetria, accedendo a una stanzetta posteriore con dei bracci meccanici”, ha continuato Manzi. “In laboratorio, abbiamo poi proceduto al montaggio delle immagini ottenute con le due tecniche, colmando le lacune con reperti di confronto di cui disponevamo già”.

Il risultato è che a differenza del resto del corpo che ha caratteristiche abbastanza tipiche per un 
Neanderthal, il cranio ha una conformazione assolutamente peculiare.

“Il cranio ha un aspetto decisamente arcaico, cosa  che (insieme con la datazione di circa 150.000 anni fa) fa dell'Uomo di Altamura una sorta di ponte morfologico tra specie umane precedenti, come Homo heidelbergensis, e l'uomo di Neanderthal: anche per questo è un reperto importantissimo”.

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venerdì 8 aprile 2016

Buco Nero di Grossa Taglia Vicino a Noi


C’è un buco nero di grossa taglia vicino a noi

I buchi neri supermassicci potrebbero essere in agguato ovunque nell'Universo. Questa la scoperta di un team internazionale di astronomi, apparsa oggi su Nature: un buco nero da 17 miliardi di masse solari si trova in una galassia non tanto lontana dalla nostra.

I buchi neri supermassicci sono giganti cosmici, con masse che vanno da qualche milione fino a miliardi di volte quella del Sole. Si pensa che al centro di quasi tutte le galassie ce ne sia uno, ma quello che ha scoperto di recente un team internazionale di astronomi è senza dubbio un buco nero da record: contiene circa 17 miliardi di soli. La scoperta implica che questi colossi potrebbero essere più comuni di quanto pensiamo.



Fino ad oggi i buchi neri supermassicci più grandi che conoscevamo avevano masse pari a 10 miliardi di volte quella del Sole, e si trovavano in galassie molto grandi, all’interno di ammassi di galassie molto densi. L’attuale detentore del record di massa si trova nell’ammasso della Chioma, e contiene circa 21 miliardi di masse solari. Il buco nero appena scoperto si trova invece all’interno della galassia NGC 1600, nella direzione opposta del cielo rispetto all’ammasso della Chioma, in una regione apparentemente scarsa di galassie a circa 200 milioni di anni luce dalla Terra. Tutte queste caratteristiche rendono molto interessante questo gigante, spiega Chung-Pei Ma, professoressa presso l’Università della California, nonché a capo della campagna osservativa MASSIVE dedicata alle galassie vicine e massicce. Se trovare un buco nero di grandi dimensioni in una galassia massiccia e collocata in una regione affollata è abbastanza prevedibile, lo è decisamente meno immaginare di scoprirne in regioni più sgombre dell’Universo.

«Gli ammassi ricchi di galassie come quello della Chioma sono molto rari, ma esistono un paio di galassie delle dimensioni di NGC 1600 all’interno di gruppi di media grandezza», dice Ma. «Quindi ora viene da domandarsi se questo oggetto possa rappresentare solo la punta di un iceberg».

Un aspetto interessante della scoperta è la precisione con cui conosciamo la stima di massa del buco nero di NGC 1600. Mentre quello scoperto nel 2011 all’interno della galassia NGC 4889, nell’ammasso della Chioma, aveva un limite superiore di 21 miliardi di masse solari e un limite inferiore di 3 miliardi di masse solari, la stima per NGC 1600 è molto più precisa, con un intervallo di masse possibili tra 15.5 e 18.5 miliardi di masse solari.



È interessante inoltre notare che le stelle in rotazione attorno al nucleo centrale di NGC 1600 si muovono come se il buco nero appartenesse a un sistema binario. I sistemi di questo tipo sono piuttosto comuni nelle galassie di grandi dimensioni, poiché si ritiene che le galassie crescano attraverso fusioni successive con altre galassie, ognuna delle quali ospita molto probabilmente un buco centrale. Questi buchi neri verrebbero quindi fusi all’interno del nucleo di una nuova e più grande galassia in seguito ad una reciproca danza orbitale, dando luogo a un buco nero più grande ed emettendo onde gravitazionali.

La campagna osservativa MASSIVE, iniziata nel 2014, è stata promossa e sostenuta dalla National Science Foundation e ha lo scopo di ottenere stime di massa per stelle, materia oscura e buchi neri centrali appartenenti a 100 galassie massicce e vicine. Più precisamente, si occupa di galassie con più di 300 miliardi di masse solari, ed entro 350 milioni di anni luce di distanza dalla Terra.

Il buco nero supermassiccio trovato nella galassia NGC 1600 è uno dei primi successi del progetto, e dimostra ancora una volta il valore della ricerca sistematica del cielo notturno. Se il gruppo di ricercatori si fosse limitato all’osservazione di regioni ad alta densità di galassie, infatti, questa scoperta non sarebbe mai stata possibile. I dati che hanno permesso di scovare il buco nero oversize sono stati raccolti dal telescopio spaziale Hubble e dai telescopi da Terra Gemini alle Hawaii e McDonald Observatory in Texas



Grazie ai dati spettrali raccolti dal telescopio Gemini è stato possibile notare che le stelle localizzate nei pressi del buco nero viaggiano pressoché tutte lungo orbite circolari, con pochissime eccezioni di movimenti radiali verso l’interno o verso l’esterno. Questo potrebbe indicare che le stelle più vicine al buco nero sono state scagliate via da un effetto fionda, simile a quello che sfruttano le sonde spaziali per prendere velocità durante i loro viaggi interplanetari. I dati indicano che il responsabile di questa centrifuga cosmica potrebbe essere un sistema binario di buchi neri.

Se, come sembra, NGC 1600 contiene davvero una coppia di buchi neri con una massa totale di 17 miliardi di soli in orbita uno attorno all’altro a una distanza di una frazione di anno luce, gli attuali Pulsar Timing Array dedicati alla ricerca onde gravitazionali dovrebbero essere in grado di captare l’emissione di questo sistema, spiega Chung-Pei Ma.

Le immagini raccolte dal telescopio spaziale Hubble hanno rivelato che la zona centrale di NGC 1600 è insolitamente debole, indicando una mancanza di stelle vicine al buco nero. Questa caratteristica distingue le galassie massicce da quelle ellittiche standard, che sono molto più brillanti al centro. «Un’impronta tipica di un buco nero binario è la pulizia del nucleo causata da effetti dinamici», dice Ma. Questa caratteristica aiuterà il team di ricercatori a raffinare la campagna osservativa MASSIVE, e a trovare altri buchi neri supermassicci nelle regioni più vicine alla Terra.


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