Al largo dell'Oceano Indiano la crosta terrestre si sta letteralmente spezzando. Ad annunciarlo fragorosamente è stata, sostengono tre studi pubblicati su
Nature, la coppia di
terremoti di magnitudo rispettivamente 8,7 e 8,2, che l'
11 aprile 2012 hanno scosso questa parte del pianeta. Secondo i tre
paper infatti, sotto l'Oceano Indiano la
placca indo-austrialiana si starebbe spezzando in due
placche più piccole, o addirittura in tre, e le scosse sarebbero state
causate proprio dalla tensione accumulata in questo processo di
formazione di un nuovo confine.
È dagli anni '80 che i sismologi sostengono che la questa parte della
crosta terrestre si sarebbe potuta rompere. Stando alle principali teorie della
tettonica a zolle, la placca indo-australiana ha cominciato a
deformarsi internamente circa 50 milioni di anni fa, e occorreranno
altri milioni di anni e migliaia di terremoti di grande intensità prima
che questo processo arrivi a compimento. Secondo
il primo dei tre studi, coordinato da
Matthias Delescluse, un geofisico dell'
Ecole Normale Supérieure
di Parigi, alla base della rottura vi sarebbe la tensione accumulata
dai movimenti della placca verso nord, dove si scontra con la
placca eurasiatica.
A questa tensione, spiegano gli scienziati nel loro lavoro, si
aggiunge poi quella dovuta alle tensioni e rotture sul margine orientale
della placca. Infatti, esaminando i cambiamenti nello stato di tensione
immediatamente precedenti ai due eventi del 2012, Delescluse e la sua
équipe hanno scoperto ad aver acceso la miccia della loro esplosione
essere state proprio le conseguenze di altri due terremoti avvenuti
lungo questo confine orientale. Il primo è quello di magnitudo 9,1
responsabile dello
tsunami che il
26 dicembre 2004 si è abbattuto sull'isola di
Sumatra, portando alla morte di oltre 228mila persone; l'altro è un terremoto di minore intensità del 2005.
Nel
secondo studio, i ricercatori guidati da
Thorne Lay della
University of Santa Cruz in
California, hanno invece esaminato più profondamente la dinamica degli
eventi dell'11 aprile, scoprendo che la prima scossa ha interessato ben
quattro diverse faglie. Secondo il lavoro del team di Lay, questo
terremoto si potrebbe suddividere infatti in quattro
scosse più piccole, di magnitudo 8,5, 7,9, 8,3 e 7,8, durate in tutto
due minuti. Queste avrebbero provocato la rottura di tre faglie
perpendicolari tra loro e in una quarta perpendicolare a esse. Una
quinta faglia sarebbe stata invece coinvolta nel secondo dei due
terremoti.
Questo
interessamento multifaglia si è riflesso, mostra lo studio, nel pattern di faglia emerso dopo le scosse, uno dei complessi mai studiati. I
pattern di faglia sono quegli insiemi di linee di faglia che
possono essere tracciate sulla superficie terrestre dopo un terremoto,
come delle cicatrici che restano sulla pelle a lungo dopo una ferita.
Solitamente la maggior parte dei terremoti si propagano lungo una sola
faglia, e non quattro o anche più come in questo caso in cui, tra
l'altro, una delle faglie è scivolata per almeno una ventina di metri.
Il
terzo studio
ha infine preso in considerazione gli strascichi di questi tremori
giganti, rivelando che per ben sei giorni dopo i due terremoti, altre
scosse di magnitudo 5,5 e oltre hanno avuto luogo in diverse parti del
pianeta. “
Le scosse di assestamento sono di solito circoscritte alle immediate vicinanze dell'evento principale”, spiega il primo autore dello studio
Fred Pollitz geofisico dello
US Geological Survey a Menlo Park, California.
Solitamente, poi, spiegano i ricercatori, i terremoti più violenti sono quelli cosiddetti
strike-up, quelli in cui due faglie si scontrano e una slitta
sotto l'altra. Quelli in cui due faglie scorrono una accanto all'altro
si chiamano
strike-slip. Quello di magnitudo 8,7 della scorsa primavera è probabilmente il più intenso
terremoto di questo tipo mai registrato da quando si usano i moderni sismografi, è stato avvertito in tutta l'area compresa tra
India e
Australia, toccando anche il sud e il sud-est asiatico.
Quasi sicuramente è anche il più forte registrato all'interno di una
placca e non ai suoi margini. La sua natura
strike-slip fortunatamente ha impedito che si generassero grandi tsunami come quello del 2004.