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lunedì 28 dicembre 2009

La fine del mondo



. Parecchi miti sono incentrati sulla fine del mondo, che verrà preannunciata da gravi disastri ed indizi inequivocabili. Tralasciando la superstizione, sarebbe interessante cercare di capire o intuire in che modo definire la fine del mondo. Le domande a tal riguardo sono molte, ma una spicca su tutte: per fine del mondo deve intendersi la fine del pianeta Terra, la fine di ogni forma di vita sul pianeta o ancora la fine dell'attuale civiltà e l'inizio di una nuova era?

Non è certo cosa facile rispondere e neanche ammettere che il mondo potrebbe finire da un momento all'altro. Nel contemplare tali ipotesi entrerebbero in gioco altre domande. Cosa causerebbe la fine del mondo intesa come distruzione del pianeta? Lo spegnimento del Sole, secondo alcune teorie, ma per gli esperti questa sembra un'ipotesi assai remota perché sembra che esso sia solo alla metà del suo ciclo vitale.

Il 21 dicembre 2012 è la data in cui, secondo alcuni, dovrebbe verificarsi una qualche forma di cataclisma. Tale aspettativa diffusa attraverso siti internet, libri, film e documentari TV si baserebbe sulla fine di uno dei cicli (b'ak'tun) del calendario Maya. Una simile idea non trova alcun sostegno nell'ambito della scienza astronomica.

Sulla base di interpretazioni di impronta prevalentemente New Age, sono state formulate varie tesi e teorie sulla corrispondenza di questa data con eventi quali la fine del mondo o trasformazioni radicali dello stesso come l'inizio dell'Era dell'Acquario, un periodo di pace globale e profonda evoluzione spirituale.

Da un'iscrizione sul Monumento 6 del sito archeologico di Tortuguero si ricava la data del 2012, in cui accadrebbe qualcosa che coinvolgerebbe una misteriosa divinità Maya, Bolon Yokte, associata in genere alla guerra e alla creazione. Da qui se ne è ricavata l'eventuale profezia Maya data al 2012. Risultano tuttavia diverse altre tavolette che riportano date anche molto successive al 2012, cosa che fa ritenere che i Maya non pensassero a questo giorno come all'ultimo. La fine di un ciclo del calendario era infatti vista dal popolo maya semplicemente come occasione di grandi celebrazioni per festeggiare l'ingresso nella nuova era, in questo caso il sesto ciclo.

Infatti, ogni fine ciclo segnava un periodo di grandi cambiamenti (data la lunghezza plurisecolare di ogni ciclo, era normale che vi fosse stata un'evoluzione tecnologica rispetto allo stesso periodo del precedente) a cui sarebbe dovuto corrispondere un periodo di pace e serenità.
Sulla base di questa interpretazione, altre opinioni moderne vorrebbero interpretare questa data non come una fine, ma come un inizio di un nuovo periodo di pace dopo le guerre mondiali e locali dell'ultimo secolo.

Su La Stampa del 13 ottobre 2009 il giornalista Paolo Manzo cita un allineamento «di Marte, Giove, Saturno, uno spettacolo astronomico senza precedenti», in corrispondenza della fatidica data. L'articolo non riporta o rinvia a nessuna fonte scientifica autorevole e attendibile, mentre gli astronomi non indicano alcuna congiunzione, anzi, predicono che i tre pianeti si troveranno in tre posizioni ben distinte se osservati dalla Terra.

Queste tesi catastrofiste si appoggiano anche al fatto astronomico che il 21 dicembre è il solstizio d'inverno, ossia il giorno in cui l'asse terrestre è maggiormente inclinato rispetto al Sole: l'asse terrestre non cambia direzione ed è sempre parallelo a se stesso, ma cambia la sua inclinazione rispetto alla direzione dalla quale arrivano i raggi solari. Ma questo è un evento che si ripete due volte ogni anno. Quello del 2012 non ha nulla di particolare che lo distingua dagli altri.

La fine del mondo è un tema su cui esperti e scienziati dibattono da tempo. Ma quale sarà la fine della Terra? Le teorie sono moltissime, alcune fantasiose ed altre più verosimili. Se si dovesse provare a fornire una lista delle ipotesi più probabili per cui la nostra civiltà potrebbe estinguersi: sarebbe questa, al primo posto...

Intelligenza artificiale: c'è una probabilità su dieci che "esseri creati dall'uomo", forse robot, portino alla scomparsa del genere umano.

Caduta di un meteorite: più volte citata questa teoria prevede che un grosso meteorite si schianti sul nostro pianeta, distruggendolo completamente assieme ai suoi abitanti.

Pandemia: secondo alcuni "disfattisti", un nuovo e micidiale virus potrebbe sterminare milioni di persone in pochissimo tempo, portando all'annullamento completo del genere umano.

Peak Oil, o "culmine del petrolio": è il momento in cui la richiesta del combustibile sarà maggiore dell'offerta. Il costo del cosiddetto oro nero infatti potrebbe crescere a dismisura causando tremendi conflitti mondiali, oltreché il definitivo collasso delle società più avanzate, quelle industriali.

Cambiamento climatico: Secondo molti è la causa più plausibile fra quelle che potrebbero portare alla rovina degli uomini e del pianeta. Gli interventi per migliorare il clima non saranno in grado di cambiare la situazione, già molto compromessa a causa del vertiginoso aumento delle temperature. Secondo questa teoria sarà dunque il degrado dell'ambiente in cui viviamo e dell'aria che respiriamo a mettere la parola "fine" al genere umano e al pianeta Terra.


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venerdì 2 ottobre 2009

Ritrovata in Etiopia donna più antica del mondo si chiama Ardi


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Ritrovata in Etiopia donna più antica del mondo si chiama Ardi

Nonna Ardi e gli altri bipedi.

Dopo 15 anni di studi, Science pubblica undici articoli che rappresentano l’analisi completa dei fossili di Ardipithecus ramidus, un ominide di 4,4 milioni di anni. Ecco le soprese.Undici articoli su “Nonna Ardi”. Ovvero la prima descrizione completa di uno scheletro parziale di una femmina attribuita alla specie Ardipithecus ramidus, un ominide di ben 4,4 milioni di anni. La presenta la rivista Science, con uno speciale che raccoglie i risultati di 15 anni di studi sul reperto ARA-VP-6/500 (Ardi, appunto) e su almeno altri 35 esemplari di Ardipithecus, tutti rinvenuti in Etiopia. Gli articoli sono firmati da 47 autori, tra i quali si leggono alcuni dei nomi più noti della paleoantropologia, come quello di Tim White dell’University della California di Berkeley e Owen Lovejoy della Kent State University. Ardi è, a oggi, il più antico scheletro quasi completo di ominide conosciuto. Finora questo primato spettava a Lucy, una femmina di Australopitecus afarensis (3,4 milioni di anni), il “fossile star” della paleontologia umana. Di Ardi abbiamo un cranio quasi completo con la mascella superiore, le mani, i piedi, i femori e il bacino. In base alle ricostruzioni, gli scienziati pensano che questo individuo femmina fosse alto circa 120 centimetri e pesasse intorno ai 50 chilogrammi. Cinque degli studi presentati oggi ne descrivono l’anatomia, mentre altri tre articoli si concentrano sull’habitat. Le ultime due ricerche sono invece ‘di riflessione’: gli autori si chiedono se le nuove conclusioni avranno implicazioni per lo studio dell’evoluzione umana o meno. Per ora sembra di sì, ed ecco perché. Le informazioni accumulate portano a credere che l’ultimo antenato comune a ominidi e scimmie antropomorfe (come lo scimpanzé) sia vissuto sei milioni di anni fa, e che l’Ardipithecus condivida con questo antenato molte caratteristiche. Analizzando lo scheletro di Ardi, i ricercatori sono giunti alla conclusione che presenti un mix di caratteri primitivi e derivati, cioè in comune con gli ominidi sia precedenti sia successivi. Tra i tratti più primitivi, però, ve ne sono alcuni che non hanno niente a che fare con le attuali scimmie antropomorfe africane. Significa che, mentre gli ominidi si evolvevano modificando la propria anatomia fino a giungere alla nostra forma attuale, anche il ramo che ha portato agli scimpanzé si è modificato nel tempo. Il che implica che una delle principali convinzioni della paleontologia – secondo cui l’antenato comune era più simile alle scimmie antropomorfe che non a noi – va rivista.

 In pratica non possiamo considerare gli scimpanzé attuali vicini al nostro antenato comune più di quanto non lo siamo noi (ovviamente non tutti i paleontologi sottoscriverebbero questa affermazione). Un altro grande merito di questo esemplare è di aiutarci a capire come lo scheletro degli ominidi si sia adattato all’andamento bipede. Secondo Lovejoy, le mani e i piedi dell’Ardipithecus mostrano che questo era adatto a vivere sugli alberi e che il suo bacino era più simile a quello delle scimmie che non quello degli australopitechi. Alcuni particolari, però, suggeriscono che quello stesso bacino era anche in grado di supportare lo spostamento sulle due sole zampe posteriori. Uno di questi è la spina iliaca, una caratteristica tipica degli ominidi: indica che i muscoli glutei di Ardi erano posizionati in modo che lei potesse camminare senza dover spostare il peso da una parte all’altra. Secondo i ricercatori, l’Ardipithecus sarebbe stato persino in grado di correre, sebbene in maniera molto meno efficiente dell’Homo sapiens. Anche l’anatomia dei piedi sembra supportare l’andamento bipede, pur restando adatta all’arrampicamento. Tra le molte ossa del piede rinvenute ve ne è uno particolare chiamato os peroneum, che potrebbe cambiare ciò che sappiamo sull’evoluzione dei piedi. Gli scienziati sanno poco di questa parte dello scheletro, tranne che è presenta nelle scimmiette del Vecchio Continente e nei gibboni, ma non nei nostri cugini più prossimi (scimpanzé, gorilla e orango). Secondo i ricercatori, questo fatto lascia ipotizzare che l’antenato comune possa essere simile alle scimmie africane non antropomorfe. Tutto da provare. Per ora, i ricercatori concordano solo sul fatto che Ardi è un ominide primitivo e che sta per mettere in discussione alcune delle convinzioni più radicate di questo campo della ricerca. fonte galileonet.it

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giovedì 3 settembre 2009

Staminali pluripotenti



Staminali pluripotenti:
svelato il meccanismo
delle cellule «immortali»

Come fanno le cellule staminali pluripotenti a mantenersi allo stato indifferenziato? Il segreto è in Nanog, una proteina che funziona come una maestra d`orchestra, regolando l`operato di geni e proteine affinché le staminali possano rimanere - o essere riprogrammate - allo stato di pluripotenti (quelle in grado di differenziarsi in tutti i tipi di tessuti umani). È quanto emerge da uno studio pubblicato su Cell dai ricercatori del Wellcome Trust Centre for Stem Cell Research dell`Università di Cambridge, nel Regno Unito, che aggiunge un nuovo tassello alla conoscenza del meccanismo della "immortalità" delle staminali pluripotenti.

La proteina Nanog è nota agli studiosi dal 2003, e sin da subito venne identificata come uno dei principali attori del sistema che mantiene le cellule allo stato pluripotente, senza che però si sapesse esattamente quale fosse il suo ruolo. Grazie al nuovo studio i ricercatori inglesi hanno compiuto un passo avanti nella comprensione del meccanismo: è proprio Nanog a coordinare il funzionamento di proteine e geni affinché le staminali possano rimanere allo stato "immortale" di pluripotenza o essere riprogrammate fino a tornare allo stato pluripotente. In particolare, spiegano i ricercatori, la proteina deve essere presente durante la fase finale della riprogrammazione: in caso contrario la conversione si blocca. Senza Nanog, spiegano i ricercatori, una cellula staminale non è in grado di rimanere pluripotente e senza di essa falliscono i tentativi di riprogrammare le staminali adulte in pluripotenti. L`obiettivo è trovare un meccanismo affidabile di conversione delle cellule staminali adulte in staminali pluripotenti, da cui potrebbero nascere trattamenti per malattie come diabete, morbo di Parkinson o di Alzheimer: "Se vogliamo creare cure efficaci e affidabili a base di staminali abbiamo bisogno di capirne esattamente il processo di programmazion - conclude Jose Silva, che ha guidato la ricerca -. La nostra ricerca fornisce nuovi indizi".

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lunedì 31 agosto 2009

Vuoi salvare il cuore?


Vuoi salvare il cuore?
Vai dal dentista

Proprio così: i denti c’entrano col cuore. Lo rivela l’articolo pubblicato su The FASEB Journal relativo allo studio coordinato da Mario Clerici, dell`Università degli Studi di Milano e Fondazione Don Gnocchi, e condotto da Stefania Piconi del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco di Milano.

Già da alcuni anni era stata ipotizzata una correlazione tra parodontopatia e sviluppo delle placche aterosclerotiche. Come responsabili erano stati identificati alcuni tipi di batteri che si annidano nelle gengive e da lì possono poi diffondere nel circolo sanguigno. “La malattia parodontale - spiega Piconi - è a tutti gli effetti una malattia infettiva. Esiste un germe, il porphyromonas gingivalis, che è stato documentato risiedere dentro le placche aterosclerotiche. Siamo quindi stati capaci di dimostrare che una patologia infettiva è capace di portare a un`infiammazione dell’endotelio, base dell’evoluzione verso la degenerazione aterosclerotica”

Il nuovo studio, condotto nella sua parte clinica presso l’Unità odontoiatrica dell’Ospedale Sacco di Milano su individui sani affetti da parodontopatia ha dato prova di come il trattamento odontoiatrico sia in grado di migliorare significativamente i fattori infiammatori e immunologici responsabili dello sviluppo della placca aterosclerotica. Di significato ancora più rilevante è l’osservazione che la terapia della parodontopatia è in grado di riportare alla normalità i valori di PCR e fibrinogeno, segni biochimici di infiammazione generale e riconosciuti indicatori di rischio cardiovascolare.

“Il dato di grande novità dello studio - afferma Clerici - è la visualizzazione, tramite ecodoppler, dell’effetto positivo della pulizia dei denti sullo spessore della parete più interna delle arterie, chiamata intima, con un suo dimezzamento. È la prima volta che abbiamo un’immagine fisica del prima e dopo la cura dentale, con la precisa evidenza del miglioramento della salute del sistema cardiovascolare. Ora sappiamo con certezza che la cura odontoiatrica non si limita a ridurre gli indici infiammatori, ma migliora lo stato del sistema arterioso ”.

Lo studio apre nuove frontiere nella prevenzione della malattia cardiovascolare: il semplice mantenimento di una corretta igiene orale, in grado di prevenire gengivopatie, fonti di presenza batterica, potrebbe essere sufficiente per ridurre il rischio di sviluppare la malattia aterosclerotica...

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domenica 2 agosto 2009

Asia nel buio per l'eclissi solare





Asia nel buio per l'eclissi solare

- SHANGHAI, 22 LUG -L'Asia e' piombata nel buio per l'eclissi di sole piu' lunga del 21/o secolo. L'evento e' stato osservato da milioni di persone. L'eclissi e' stata visibile in una fascia larga 250 km che attraversa tutta l'Asia, compresi i due Paesi piu' popolosi del mondo, l' India e la Cina. A Shanghai le nuvole che hanno coperto lo straordinario spettacolo che, secondo gli astronomi, non si ripetera' almeno per i prossimi 120 anni.



leggi anche :

Eclissi anulare di sole prevista il 20 maggio 2012


  Eclissi anulare di sole prevista il 20 maggio 2012 dalla Cina agli Stati Uniti
http://cipiri13.blogspot.it/2012/05/eclissi-anulare-di-sole-prevista-il-20.html 

20 maggio 2012: l'allineamento planetario annunciato dai Maya





 20 maggio 2012:  l'allineamento planetario annunciato dai Maya
 http://cipiri13.blogspot.it/2012/05/20-maggio-2012-lallineamento-planetario.html


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lunedì 15 giugno 2009

Ecco LLUC, Scoperto nuovo antenato dell’uomo



Ecco LLUC, Scoperto nuovo antenato dell’uomo…

Lluc ricostruzione. (Credit: Image courtesy of Universitat Autònoma de Barcelona)
E’ nato nel Mediterraneo, e non in Africa, il più antico degli antenati dell’uomo: parola di Lluc, l’ominide vissuto 11,9 milioni di anni fa e scoperto in Spagna. Il suo “ritratto”, dall’aspetto moderno rispetto a quello delle altre scimmie antropomorfe, è pubblicato questa settimana sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, Pnas.
A studiare questo nuovo antenato dell’uomo, il cui nome scientifico è Anoiapithecus brevirostris, è il gruppo spagnolo dell’Istituto catalano di Paleontologia, in collaborazione con il gruppo italiano del dipartimento di Scienze della Terra dell’università di Firenze. “Il ritrovamento fornisce elementi nuovi nella comprensione della storia delle origini della nostra famiglia, Hominidae, che oltre all’uomo include orango, scimpanzé e gorilla”, osserva Lorenzo Rook, del dipartimento di Scienze della Terra dell’università di Firenze, che ha partecipato alla ricerca coordinata dallo spagnolo Salvador Moyà-Solà.

Lluc è stato scoperto in Catalogna, nella località l’Anoia (che ha ispirato il suo nome scientifico), presso Hostalets de Pierola. E’ vissuto nel Miocene medio ma i suoi resti, pochi ma ben conservati, rivelano un aspetto moderno, con un prognatismo molto ridotto. Sono arrivati fino a noi parte della faccia e della mandibola, ma per gli studiosi sono sufficienti a dimostrare che le scimmie kenyapithecine sono da considerare il “sister taxon” degli ominidi attuali, vale a dire “il gruppo arcaico più vicino agli ominidi, quello in cui gli antenati dell’uomo affondano le radici”, spiega Rook. La scoperta, prosegue lo studioso, indica inoltre che “la regione mediterranea è stata l’area di origine della nostra famiglia”.

Dalla ricostruzione fatta sulla base dei resti, risulta che Lluc era un maschio. Il restauro e la preparazione dei resti, spiegano gli studiosi, “sono stati molto lunghi ed estremamente delicati a causa della fragilità del reperto, ma una volta che il fossile è stato pienamente disponibile per lo studio analitico, la sorpresa è stata enorme”. Il fossile, spiegano, “ha un aspetto mai visto in nessun primate fossile miocenico” e il suo aspetto “é confrontabile tra gli ominidi solamente con il prognatismo del nostro genere, Homo”. Tuttavia, aggiungono, la morfologia della faccia non indica che Anoiapithecus abbia relazioni di parentela diretta con Homo, ma potrebbe essere il risultato di una convergenza morfologica. nuova ipotesi.

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giovedì 14 maggio 2009

Partono oggi i telescopi spaziali per scoprire l’origine dell’universo




Partono oggi i telescopi spaziali per scoprire l’origine dell’universo

Planck e Herschel, alla ricerca delle origini dell’Universo…
Pronti al lancio i due satelliti europei che mapperanno lo Spazio primordiale e fotograferanno i primi istanti della formazione delle stelle
Alla base spaziale Esa di Kourou, nella Guiana francese, il conto alla rovescia è agli sgoccioli: oggi, alle 15,12 (ora italiana) si apre la finestra di lancio per l’Ariane 5, la navicella che porterà in orbita Planck e Herschel, rispettivamente il più potente telescopio a microonde mai costruito, e il più grande telescopio a infrarossi a singola lente (ben 3,5 metri di diametro) mai lanciato nello Spazio.
I due satelliti, costati complessivamente quasi due miliardi di euro, si separeranno poco dopo il lancio - circa 26 minuti Herschel e 28 Plank - e procederanno indipendentemente su differenti orbite. Herschel raggiungerà la sua dopo sei giorni di viaggio, a oltre un milione di chilometri e dalla Terra. Se ogni cosa va secondo copione, il satellite Planck potrà cominciare le sue osservazioni (che dureranno 15 mesi) 30 giorni dopo aver raggiunto la sua posizione. Herschel invece comincerà a raccogliere dati dopo un periodo di rodaggio di sei mesi, e resterà in funzione per tre anni.

L’evento sarà trasmesso via streaming dall’Esa , ma anche sul sito dell’Università di Milano. Insieme ai ricercatori dell’Inaf, del Cnr e dell’Industria Spaziale dell’area milanese, i fisici dell’ateneo lombardo hanno infatti contribuito in modo sostanziale alla costruzione di uno dei due strumenti del Planck, il Low Frequency Instrument (LFI), un mosaico di 22 ricevitori radio ultra-sensibili di nuovissima generazione raffreddati alla temperatura di 20 Kelvin (253 gradi sotto lo zero) che osserverà il cielo alle basse frequenze (corrispondenti a lunghezze d’onda tra 11 e 4 millimetri). Presso l’Università di Milano, inoltre, e presso quelle di Roma, Bologna e Firenze, sono organizzati eventi aperti al pubblico per assistere al lancio in diretta (dalle 13,45).

Nell’attesa, ecco qualche altra informazione sulle due missioni. Plank traccerà la “radiazione fossile” dello Spazio (l’eco del Big Bang) con una accuratezza mai ottenuta finora, per fornire le prove a sostegno del modello inflazionario e una mappa primordiale dell’Universo molto più precisa di quelle di cui disponiamo oggi. Per costruire il satellite sono serviti 17 anni di lavoro di una vasta collaborazione internazionale con l’Italia e la Francia in prima linea.
Herschel è stato invece concepito per studiare alcuni degli oggetti più freddi dello Spazio, in un spettro elettromagnetico ancora per la maggior parte inesplorato, per “fotografare” i primi istanti della formazione delle stelle. “L’unico modo per rivelare la presenza di raggi infrarossi”, ha spiegato Bruce Swinyard, ricercatore del Rutherford Appleton Laboratory che ha preso parte al progetto, “è misurare il sottile innalzamento di temperatura a cui va incontro il telescopio non appena la radiazione attraversa la sua lente”. Per questo motivo, una miscela di elio sarà spruzzata intorno al telescopio per mantenerlo a una temperatura di 0,3 kelvin (circa 273 gradi sotto lo zero). Ma Herschel servirà anche a rilevare la presenza nello Spazio di acqua, idrogeno e ioni idrossido, le cui molecole raffreddano le nubi stellari. Tracciando i flussi di queste molecole refrigeranti, i ricercatori potranno conoscere anche il bilancio energetico del processo di formazione delle stelle. fonte galileonet

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sabato 9 maggio 2009

Ecco la molecola che nutre la memoria



Ecco la molecola
che nutre la memoria
Scoperta da scienziati californiani. "Incolla i ricordi rendendoli più duraturi e può curare alcune patologie". Ma non basta cambiare la dieta per diventare dei Pico della Mirandola. Servirà alla realizzazione di farmaci
di ELENA DUSI

Per un pranzo memorabile, aggiungere una buona dose di grassi. È da questi elementi infatti che il cervello trae una "colla" che fissa a lungo i ricordi. L'osservazione degli scienziati dell'università della California a Irvine, a prima vista poco congrua nel suo mescolare memorie e calorie, ha in realtà una spiegazione che affonda nella nostra storia di uomini primitivi. Pur essendo onnivori, infatti, i nostri antenati traevano molta più energia (e quindi chance di sopravvivenza) da un pasto ricco di carne piuttosto che da uno spuntino vegetale. E il cervello, nel corso dell'evoluzione, ha appreso quanto fosse vantaggioso memorizzare luoghi e circostanze di un lauto pasto, nella speranza di ripeterlo presto. La situazione oggi è capovolta, con salute e longevità legate a un consumo moderato di calorie. Ma l'evoluzione comporta tempi estremamente lunghi, e il cervello non ha ancora imparato a tararsi sulla recente era dell'opulenza. La scoperta dei ricercatori di Irvine, pubblicata sulla rivista Pnas (Proceedings of the national academy of sciences) promette comunque di essere utile sia a chi soffre di memoria corta sia a chi si lamenta per un addome pingue.

Durante la digestione dei grassi, queste molecole pesanti e complesse vengono spezzettate in elementi più piccoli. Uno di essi - battezzato "oleoiletanoamide", o per semplicità "Oea" - ha la capacità di raggiungere il cervello svolgendovi due funzioni principali. La prima è quella di informare l'organo del pensiero che bistecca e gelato hanno saziato l'organismo, è quindi ora di inibire la sensazione di appetito e di indurre quella di sazietà. La seconda, inattesa, è quella di facilitare la formazione di ricordi duraturi. Usando un immaginario microscopio, potremmo descrivere i ricordi come reti di neuroni che con le loro ramificazioni (gli assoni) stringono legami più o meno duraturi. La solidità dei loro abbracci dipende dalle sostanze chimiche che legano gli assoni. L'elemento Oea si è rivelato una "colla" particolarmente potente, in grado di rendere duraturo un ricordo altrimenti labile. La differenza fra la memoria a breve termine e quella a lungo termine potrebbe dunque essere riassunta nello scarto fra un pasto a base di verdure e un pranzo luculliano.

Ma Daniele Piomelli, che all'università della California insegna neuroscienze, è affiliato anche all'Istituto italiano tecnologico di Genova ed è uno dei leader della scoperta, spiega che non basta modificare la dieta per diventare dei Pico della Mirandola. "Le prospettive del nostro studio - spiega - riguardano più che altro la possibilità di creare nuovi farmaci per curare i disturbi della memoria". Una manciata di pillole nate per curare malattie come l'Alzheimer o dei deficit dell'intelligenza, ma usate anche da persone sane per potenziare memoria e vigilanza, sono già diffuse sul mercato, specie anglosassone. Ma si tratta di medicine con dei possibili effetti collaterali. Gli elementi Oea, invece, essendo frutto di un normale processo di digestione dei grassi, potrebbero aprire una strada più promettente. Queste sostanze, spiega Piomelli, "sono parte di quella colla molecolare che fissa i ricordi nel cervello. Aiutando i mammiferi a ricordare dove e quando si sono nutriti con un pasto ricco di grassi, hanno sicuramente svolto una funzione importante dal punto di vista evolutivo. Se la nostra dieta oggi è fin troppo ricca di sostanze caloriche, gli uomini primitivi soffrivano del problema contrario".

I primi test sui roditori hanno dato risultati incoraggianti. Rendendo le cellule del loro cervello insensibili alle molecole Oea, i topi fallivano i test di intelligenza e memorizzazione a cui erano sottoposti. Dei farmaci che contengono queste sostanze d'altra parte sono già in sperimentazione per ridurre la sensazione della fame e combattere l'obesità.

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lunedì 20 aprile 2009

Nanotecnologie e prospettive



Nanotecnologie, prospettive
dell'infinitamente piccolo


Da oggi al 29 maggio una mostra permetterà di esplorarle


ROVIGO
Cosa sono le nanotecnologie? Come possono trasformare la nostra vita? Quali le applicazioni già presenti nei prodotti di uso quotidiano? Quali sono i confini di queste nuove tecnologie e le implicazioni per l’etica e la società? Si tratta solo di vetri autopulenti, tessuti che non si stirano e vernici antigraffio o vi sono altri utilizzi ed applicazioni? Per rispondere a questi ed altri quesiti si terrà dal 20 aprile al 29 maggio 2009 a Rovigo, presso il Cen.Ser Spa - Padiglione C, la mostra divulgativa “Nanologie – prospettive dall’infinitamente piccolo”.

Gli obiettivi dell’esposizione sono duplici: da un lato l’exhibit si propone di fornire elementi che permettano al pubblico di ottenere informazioni sul tema delle nanotecnologie; dall’altro, attraverso l’impiego di strumenti innovativi di comunicazione scientifica, ha lo scopo di porre in evidenza e di coinvolgere il pubblico in merito agli aspetti più tangibili delle nanotecnologie, alla loro dimensione sociale e “quotidiana” e al loro potenziale di utilizzo ed applicazione.

La mostra – che gode del patrocinio della Regione, della Provincia e del Comune di Rovigo, nonché di Confindustria e della Camera di Commercio, è stata allestita grazie anche al contributo di aziende operanti con le nanotecnologie, che hanno messo a disposizione prodotti già reperibili sul mercato. L’accesso sarà completamente gratuito e saranno organizzate delle visite per guidare i partecipanti alla scoperta dell’infinitamente piccolo.

La conferenza inaugurale, aperta al pubblico, si terrà oggi alle ore 15. La cerimonia sarà preceduta da una tavola rotonda dal titolo “Nanotecnologie, innovazione e comunicazione pubblica” con relazioni di esperti nel settore della comunicazione e della scienza, seguite poi da un dibattito con la partecipazione del pubblico presente.

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sabato 18 aprile 2009

Auguri: Rita Levi Montalcini


Il cervello di uomini e donne è identico, però quello della donna è stato distrutto dalla cultura sociale, mentre quello dell’uomo è stato spesso sopravvalutato.

- Rita Levi Montalcini (Tanti Auguri Rita per i tuoi 103 anni)


Tanti auguri Rita Levi Montalcini
a una giovane centenaria




Uno dei limiti della ricerca biologica che mi hanno sempre imbarazzato fino dai primi anni dei miei studi di Medicina non è stato il riduttivismo che può entusiasmare o deludere ma che in ultima analisi è comune a tanti campi della Scienza, quanto piuttosto la trasposizione alquanto automatica agli studi dei fenomeni vitali di categorie di pensiero presi a prestito da altri campi della conoscenza umana, come ad esempio quelle di difese o di errori, spesso insufficientemente definite anche nei loro domini originari.
Esistono, di contro, categorie proprie della materia vivente, come quelle dell’accrescimento, della comunicazione, della trasmissione ereditaria, che vengono applicate ai campi più diversificati ma che, per la loro natura, possono trovare la loro sede primaria nella ricerca biologica.
Ed ecco qui il contributo personale di Rita Levi Montalcini. Proveniente dagli studi di Medicina, allieva di un ebreo italiano che era stato a Torino un grande ricercatore di Istologia e un prezioso Maestro di Morfologia, ha dedicato la propria attività di scienziata al fattore di crescita nervoso, partendo da quelle categorie che abbiamo detto specifiche della materia vivente, fornendo così delle acquisizioni che possiamo ben dire lascino una traccia significativa non solo sulla Medicina e sulla Biologia del Sistema nervoso ma su tutto il pensiero contemporaneo.
Ho avuto alcune (poche) occasioni di trovarmi nella sua compagnia che non esito a definire deliziosa. Donna garbata e modesta, quasi imbarazzata per la fama meritatamente acquisita, pareva paga di aver fatto la sua parte, nonostante che il regime fascista le avesse sottratto gli strumenti e le sedi di lavoro, sulla base di una pseudo-dottrina razzistica che farebbe ridere con disprezzo se non fosse stata all’origine di tragici lutti e crudeltà.
Ho letto recentemente una sua bellissima intervista, nella quale confessa una propria pochezza matematica. Per quanto personalmente io ritenga che siano ormai maturi i tempi per avviarci a una matematizzazione della Biologia e della Medicina, ne sono stato colpito e ammirato per l’onestà e allo stesso tempo per la consapevolezza delle nuove esigenze che stanno emergendo, forse anche nella direzione di una unitarietà della scienza e del pensiero umano. Ma sono stato soprattutto colpito dal fatto che, con quella franca affermazione sui propri limiti, Rita Levi Montalcini abbia dimostrato di avere una mente moderna come pochi, di poter essere chiamata una giovane centenaria.
Accompagnaci ancora, nostra amica e maestra, per tanti anni, con il tuo sorriso, con il tuo esempio, con la tua serietà.

leggi anke
http://cipiri7.blogspot.it/2009/03/rita-levi-montalcini-quasi-100-anni-di.html

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sabato 4 aprile 2009

E' allarme hacker del Dna



E' allarme hacker del Dna
"Facile rubare dati genetici"

Inchiesta shock del magazine New Scientist: il giornalista ha rubato da un bicchiere le tracce di un suo collega e le ha fatte analizzare da ben tre società specializzate il codice genetico. Senza che nessuno gli chiedesse nulla

La nuova frontiera degli hacker è il genoma, il codice genetico. E non è un allarme da poco. Visto che il pirata, a conti fatti, potrebbe impossessarsi a tua insaputa del tuo Dna, farlo analizzare e sfruttare i tuoi dati genetici a piacimento. Un'inchiesta speciale del magazine britannico New Scientist dimostra che è facilissimo divenire hacker genetici e che le aziende di genomica non hanno sistemi di controllo adeguati per prevenire i "crimini genetici". Un territorio del tutto sconosciuto.

Un giornalista del settimanale, Michael Reilly, vestiti i panni dell'hacker, ha rubato da un bicchiere le tracce di un suo collega, Peter Aldhous e le ha date a un'azienda che isola il Dna da materiale biologico. Ci sono tantissime compagnie di questo tipo, molte isolano il Dna da campioni biologici raccolti a scopo giudiziario. Si tratta di un'attività delicata, eppure Michael non ha dovuto dare spiegazioni all'azienda sulle finalità della sua richiesta, e dopo poche settimane si è visto recapitare a casa la fiala col Dna di Peter.

Ma l"hacker' di New Scientist non si è fermato, si è rivolto a un'altra azienda per far moltiplicare il campione di Dna in suo possesso: stesso risultato, l'azienda ha eseguito il lavoro senza richiedere alcuna spiegazione sulla provenienza di quel Dna.

Quello successivo è stato il passo più clamoroso: Michael si è rivolto alla 'DecodeMe' per far analizzare il Dna: quest'azienda richiede il consenso informato della persona cui appartiene il Dna e spedisce a casa un tampone con cui l'individuo deve sfregarsi il palato.

Michael ha aggirato il problema 'versando' un po' del campione di Dna di Peter sul tampone e ha inviato il tutto all'azienda che, non accorgendosi di nulla, ha fatto le analisi. Michael ha fatto analizzare il Dna anche da un'altra compagnia, e poi ha 'letto' la sequenza con un programma disponibile gratuitamente online.

La dimostrazione di New Scientist è chiara: le aziende di genomica hanno molte vulnerabilità sulla sicurezza, chiunque, un datore di lavoro, il coniuge, l'assicuratore, potrebbe rubarvi il Dna e farlo analizzare e usare i vostri dati contro di voi.

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giovedì 2 aprile 2009

L'effetto delle onde magnetiche SUI SOGNI




L'effetto delle onde magnetiche
all'origine dei sogni più "folli"
Uno scienziato ha registrato i propri sogni per anni, confrontandoli con i livelli di magnetismo.
A un'attività bassa corrispondono i viaggi onirici più strani.

 L'esperto: "Parametri soggettivi"
di SARA FICOCELLI


DAL fisico greco Artemidoro allo psicoanalista austriaco Sigmund Freud, gli scienziati hanno sempre cercato di svelare il perché dei sogni, interpretandone il significato in chiave premonitrice o rivelatrice di desideri e traumi. Secondo uno studio tedesco però l'incubo di cadere da un grattacielo o di perdere un dente non sarebbe provocato da particolari condizioni psicologiche ma da onde magnetiche. Una ricerca del Centro di Medicina Spaziale di Berlino suggerisce infatti che sia tutta colpa del magnetismo e che i ricordi di un'infanzia difficile c'entrino ben poco.

Lo psicologo Darren Lipnicki ha registrato un legame tra la bizzarria dei propri viaggi onirici, pazientemente trascritti ogni mattina per sette anni, e l'attività geomagnetica locale. Già altri studi avevano messo in relazione la bassa attività magnetica terrestre con l'aumento nel cervello della produzione di melatonina, un potente ormone che assesta il ritmo circadiano del nostro corpo. Così Lipnicki, dopo aver osservato che un eccesso di melatonina può sballare l'equilibrio dei nostri sogni, si è chiesto se lo stesso meccanismo valesse anche per le onde magnetiche.

Per dare una risposta a questa domanda ha annotato meticolosamente le sue fantasticherie notturne dal 1990 al 1997, per un totale di 2387 sogni. A quel tempo lo psicologo tedesco era ancora un ragazzo ma aveva già chiaro in testa cosa avrebbe fatto nella vita: "Sapevo che un giorno avrei utilizzato tutti quei sogni per una ricerca scientifica". Per realizzarla, ha suddiviso i sogni registrati in cinque categorie a seconda del grado di stranezza: al gradino più basso quelli semplicemente rappresentativi della realtà, a quello intermedio quelli inverosimili ma non impossibili da realizzare e al più alto quelli completamente scollegati dalla realtà. "Tra i più strani - spiega Lipnicki - c'è ad esempio quello di trovarmi in riva al mare con una scimmia parlante. Difficile pensare a un legame preciso tra un sogno del genere e un'esperienza passata".

Durante gli anni di paziente trascrizione, Lipnicki ha vissuto a Perth, in Australia, dunque per la sua ricerca ha preso in esame l'attività geomagnetica quotidiana di quella zona, mettendola a confronto con il grado di assurdità dei sogni. Il risultato non ha lasciato troppi dubbi: quelli più strambi arrivavano proprio nei giorni in cui l'attività magnetica era più bassa.

"Una ricerca senza dubbio originale - spiega Antonio Meloni, dirigente di ricerca dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma - ma che comunque si basa su parametri soggettivi. Il legame tra attività magnetica e infarti, ad esempio, è dimostrato da dati oggettivi, ma in questo caso siamo di fronte a un fenomeno diverso. Non possiamo basarci sulla ricerca di un singolo individuo, che oltre tutto ha classificato i propri sogni in base a parametri assolutamente personali. Senza contare che l'indice K è globale. Pur avendo delle scale diverse a seconda della latitudine, il suo flusso esterno è comunque globale".

Tra gli studiosi del settore, sono in molti a pensare che il magnetismo sia capace di influenzare non tanto i sogni quanto la qualità del nostro sonno. Alcuni hanno cercato di dimostrare che quando andiamo a letto, se orientiamo la testa verso nord e i piedi verso sud, facilitiamo il flusso del magnetismo terrestre attraverso il nostro corpo, cosa che induce un sonno senza sogni e ristoratore. Tra le raccomandazioni di alcuni esperti c'è addirittura quella di evitare letti con strutture in metallo o parti metalliche nei materassi, perché hanno influssi magnetici negativi sull'organismo.

Le onde magnetiche altro non sono che il risultato dell'iterazione tra il campo magnetico della terra e il vento solare, che la pervade con il suo flusso di particelle interplanetario. Quando questa scia arriva sulla terra innesca dei sistemi di corrente elettrica che producono campi magnetici che a loro volta si aggiungono a quello terrestre. Secondo alcuni scienziati, l'attività di queste onde influenza le nostre vite e i sogni dunque non sarebbero, come dice una famosa canzone, desideri di felicità ma reazioni proporzionali all'indice K. Una teoria interessante, ma certamente meno romantica.

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mercoledì 18 marzo 2009

Rita Levi Montalcini, quasi 100 anni di successo!



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.Rita Levi Montalcini nasce a Torino il 22 Aprile 1909. Alle porte del suo primo secolo di vita possiamo tracciare una vita costellata di successi e intuizioni geniali.

Nasce già studiosa e dall’età di venti anni inizia a studiare il sistema nervoso, studio che continuerà per tutta la sua vita, eccetto che per il periodo della guerra.

Nel 1938, in quanto ebrea fu costretta a emigrare in belgio dove continuò i suoi studi in un laboratorio casalingo, cosa che continua a fare dopo l’invasione nel Belgio da parte dei Tedeschi, dopo che torna a Torino.

Qui Rita Levi Montalcini inizia a studiare lo sviluppo nel sistema nervoso nei polli.

Sono sicuro che quando è stata costretta a emigrare e costretta a continuare i suoi esperimenti in una casa lei non ha mai perso di vista il suo obiettivo, quello di capire a fondo il funzionamento del cervello, fino ad arrivare alla scoperta del Fattore di Crescita Nervoso, detto anche NFG, scoperta che le è valso il nobel per la medicina.

Ho preso spunto per questo articolo dal primo numero italiano di Wired, storica rivista fondato in america, guarda caso, da un italiano.

L’articolo dedicato a Rita Levi Montalcini parla della sua fondazione EBRI (European Brain Research Institute), l’ultima delle sue numerosissime iniziative dedicate alla ricerca nel campo delle neuroscienze. Un caso curioso vede la Lega Nord che ha proposto un emendamento alla legge finanziaria per eliminare gli stanziamenti ad hoc per la fondazione EBRI. Visto l’implicazione di Rita Levi Montalcini, quale senatrice a vita, nell’ambiente politico è allora intervenuta in Aula, per motivare la sua non partecipazione alla votazione dell’emendamento della Lega per "conflitto d’interesse", con le seguenti parole: "Signor Presidente, io non voterò, ma ringrazio molto quanti si rendono conto dell’attività svolta dall’istituto EBRI per la scienza italiana. Sono veramente molto grata a tutti coloro che si rendono conto di quanto stiamo facendo per la scienza, che mai è stata così utilmente portata avanti. Grazie infinite". L’emendamento della Lega Nord è stato in seguito respinto a larghissima maggioranza con 173 voti contrari, 57 astenuti e 75 voti a favore.

Cosa possiamo imparare dalla vita di Rita Levi Montalcini? Come ho già detto questa grande donna, nonostante le difficoltà, non ha mai perso di vista il suo scopo, quello di aiutare gli altri. Sebbene con quasi 100 anni di vita alle spalle il suo scopo è rimasto inalterato.

Quasi dimenticavo : ecco la frase che mi ha convinto ad acquistare il primo numero di Wired : Alla domanda "Come si vive a 100 anni?" lei risponde "Il Corpo faccia quello che vuole, io sono la mente".

 leggi anke
http://cipiri7.blogspot.it/2009/04/auguri-rita-levi-montalcini-18-04-2009.html

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mercoledì 11 marzo 2009

Cellule staminali



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Per la libertà di ricerca scientifica e la speranza di cura di milioni di malati
Medici e ricercatori ritengono che la ricerca sulle cellule staminali rappresenti una speranza di cura per malattie che colpiscono milioni di persone, come:



Diabete - Infarto - Fibrosi cistica - Autismo - Sclerosi multipla - Morbo di Parkinson -


Alcune forme di cancro - Osteoporosi - Lesioni del midollo spinale - Ictus


Sclerosi laterale amiotrofica


Alzheimer


Secondo il Rapporto stilato dalla commissione di studio nominata nel 2000 dal ministro Umberto Veronesi e presieduta dal premio Nobel Renato Dulbecco:

“E’ possibile stimare, sebbene in via del tutto preliminare, che... l’utilizzo di cellule staminali di varia origine possa portare a sviluppare metodiche cliniche per il trattamento di un numero di pazienti che, comprendendo le patologie di origine cardiovascolare, si avvicina ai 10 milioni di individui”.

La legge sulla fecondazione assistita vieta l’utilizzo delle cellule staminali embrionali. Sebbene sia possibile utilizzare per alcune patologie cellule staminali prelevate da tessuti adulti, la stragrande maggioranza della comunità scientifica ritiene necessario che la ricerca proceda anche sulle cellule staminali embrionali. Al momento, infatti, non è possibile stabilire da quale percorso della ricerca potranno giungere i risultati più promettenti per la cura delle malattie.

La ricerca potrebbe essere condotta sugli embrioni prodotti in soprannumero dai centri per la fecondazione assistita, e destinati alla spazzatura. Per avere un bambino con la fecondazione in vitro, infatti, vengono fecondati più ovociti di quelli che verranno poi impiantati nell’utero della donna. Gli embrioni prodotti in soprannumero vengono conservati per alcuni anni e poi, se non impiantati entro un termine certo, gettati via (secondo alcune stime in Italia sarebbero circa 30 mila).

La legge vieta anche la clonazione terapeutica. La clonazione terapeutica non ha nulla a che vedere con la clonazione riproduttiva. La clonazione terapeutica, infatti, si ottiene trasferendo il nucleo di una cellula adulta (prelevata dalla pelle) in un cellula uovo da cui è stato sottratto il nucleo. Attraverso una stimolazione la cellula uovo comincia a produrre cellule staminali embrionali che verranno prelevate ed utilizzate al solo fine di studiare possibili cure.
Il vantaggio di questa tecnica è che consente di utilizzare cellule geneticamente identiche a quelle del paziente, eliminando così i rischi di rigetto.


Cellule staminali adulte o embrionali?

I sostenitori della legge 40 sostengono che la ricerca sulle cellule staminali embrionali è inutile perché le cellule staminali prelevate da tessuti adulti rappresentano una fonte molto più promettente.

A riprova di questa tesi, affermano che le uniche terapie già sperimentate con successo sull’uomo sono state effettuate con cellule staminali adulte.

Quello che però non dicono è che mentre le cellule staminali adulte sono utilizzate da oltre 40 anni, ad esempio nei trapianti di midollo osseo, il primo esperimento con cellule staminali embrionali risale al 1998.

I sostenitori del referendum per la libertà di ricerca scientifica non vogliono imporre alla scienza una strada da seguire, perché non è possibile al momento sapere da quali ricerche proverranno le cure del futuro. Abbiamo quindi il dovere morale di sostenere tutte le strade possibili della ricerca, per raggiungere il prima possibile il risultato.

Questa posizione è sostenuta anche da:

95 premi Nobel

2.400 scienziati italiani

Commissione per l’uso di cellule staminali per finalità terapeutiche, istituita dal ministero della Sanità italiano, presieduta dal premio Nobel Renato Dulbecco

Rapporto della Commissione Europea sulla ricerca sulle cellule staminali di embrioni umani

Commissione consultiva nazionale elvetica per l'etica in campo biomedico: parere concernente la ricerca sulle cellule staminali embrionali umane

Relazione del consiglio di Sanità dei Paesi Bassi “Stem cells for tissue repair. Research on therapy using somatic and embryonic stem cells”

Commissione d'inchiesta della Camera dei Lords del Regno Unito, “Report on Stem cell research”

Consiglio nazionale svedese sull'etica in campo medico: parere riguardante la ricerca sulle cellule staminali embrionali umane

Istituto nazionale di sanità degli Stati Uniti d’America

International Society for Stem Cell Research

International Stem Cell Forum

European Consortium for Stem Cell Research

Accademie nazionali delle scienze di 67 Paesi

La ricerca sulle cellule staminali embrionali è permessa in 32 paesi del mondo, tra i quali:

Gran Bretagna, Spagna, Belgio, Olanda, Grecia, Australia, Canada, Norvegia, Finlandia, Corea del Sud

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martedì 10 marzo 2009

SCIENZA DELLA TERRA



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Si definisce come Scienze della Terra l'insieme delle discipline che studiano la struttura interna, la morfologia superficiale e l'atmosfera che circonda il pianeta Terra, e la sua evoluzione nel tempo. Lo studio del nostro pianeta costituisce un caso particolare della planetologia, che in generale si occupa dello studio dei pianeti presenti nel nostro sistema solare.

Le discipline principali sono:

- Geologia: si occupa dello studio della parte rocciosa del pianeta ed è a sua volta suddivisa in numerose sottodiscipline, tra le quali si citano: geochimica, petrografia e petrologia, mineralogia, stratigrafia, geotecnica, geologia strutturale, sedimentologia, tettonica, vulcanologia, geomorfologia e geodinamica;

- Geofisica: studio della Terra attraverso l'analisi delle sue proprietà fisiche. Il campo di indagine della geofisica è esteso a tutta la componente solida del pianeta, dalla crosta fino al nucleo, alla sua componente liquida idrosfera e alla soprastante atmosfera. Le principali proprietà fisiche indagate nella geofisica applicata sono: il magnetismo, la resistività, la temperatura (geotermia), la densità (gravimetria), le proprietà elastiche delle rocce (sismologia);

- Pedologia: è la scienza che studia la composizione, la genesi e le modificazioni del suolo dovute sia ai fattori biotici che abiotici.

- Ecologia: è la disciplina che studia la biosfera, ossia la porzione della Terra in cui è presente la vita e le cui caratteristiche sono determinate dall'interazione degli organismi tra loro e con i fattori abiotici;

- Paleontologia, studia i resti fossili di esseri viventi, vissuti nel passato geologico, la loro evoluzione nel tempo e la loro distribuzione areale;

- Geodesia: studio delle dimensioni e della forma della Terra, di alcuni dei suoi aspetti di carattere gravitazionale, e misura di porzioni della sua superficie (topografia) e loro rappresentazioni sulle mappe (cartografia);

- Idrologia: scienza che studia la distribuzione, il movimento e la chimica delle masse d'acqua sulla superficie del pianeta (idrosfera). Include oceanografia studio gli oceani del pianeta, idrografia legata allo studio dei fiumi e dei laghi, idrogeologia studio della dinamica delle masse d'acqua nel sottosuolo, iivologia studio delle proprietà meccaniche della neve e la Glaciologia lo studio dei ghiacciai.

- Climatologia: studio integrato dell'azione delle varie componenti del pianeta (masse liquide, gassose, biomassa e antropizzazione) e del Sole sulle condizioni di temperatura, sulle precipitazioni e sulla circolazione atmosferica e oceanica; lo studio del clima del passato è denominato paleoclimatologia.

- La Meteorologia è invece lo studio delle condizioni del tempo su periodi molto brevi.
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